Lo scorso 6 maggio Christian Vitta ha ceduto il testimone a Norman Gobbi. Un cambio di presidenza avvenuto con un mese di ritardo a causa del coronavirus. Nel suo discorso alla popolazione Christian Vitta ha voluto ringraziare, ancora una volta, tutti noi: i cittadini. Nella sua pacatezza, e chi ha seguito la conferenza stampa lo avrà notato, non ha nascosto la sua emozione e tanta fierezza nei confronti dei ticinesi.

Durante queste settimane difficili la popolazione ha scoperto “un altro” Christian Vitta. Come è riuscito a superare la sua riservatezza?

«Penso che la presenza e la vicinanza del governo ai cittadini in questo momento difficile è molto importante e in questo senso abbiamo optato per una comunicazione trasparente e regolare. Per me, sentire la comunità ticinese così unita verso un obiettivo comune, è stato di grande sostegno e questo mi ha permesso di comunicare con naturalezza, comprendendo e avendo a cuore le difficoltà che ogni cittadino ha vissuto in un momento in cui anche l’impatto emotivo è stato forte».

La decisione politica di chiudere tutte le attività in Ticino prima dell’ok di Berna le ha dato ancora maggior visibilità. Come si è sentito?

«Ho sentito certamente un senso di responsabilità ancor più forte verso i cittadini, i quali in questi momenti hanno bisogno di poter contare sulle istituzioni. Una responsabilità che ho potuto condividere con un grande lavoro di squadra in governo, con il Medico cantonale, con lo Stato maggiore di condotta e con i miei collaboratori. Il lavoro di squadra è la chiave per affrontare con più solidità dei momenti difficili. Sono state giornate intense, in cui abbiamo dovuto fare delle scelte anche difficili, che sapevamo andavano a limitare la libertà a cui tutti noi eravamo abituati. Ma abbiamo sempre cercato di agire con senso di responsabilità per tutelare uno dei beni più preziosi: la salute collettiva».

L’impressione che Berna abbia sottovalutato l’emergenza Covid19 in Ticino è reale o solo mediatica?

«Inizialmente vi è stata una differente percezione della realtà, che abbiamo superato con il dialogo e con il supporto delle tante persone che hanno sostenuto le decisioni ticinesi. È stato importante far comprendere che il Ticino stava vivendo una situazione diversa rispetto ad altre regioni svizzere, essendo la diffusione del virus iniziata prima e in modo più rapido. Tutto questo ci ha permesso di ottenere, quale unico cantone, delle finestre di crisi, in cui prevedere delle misure più restrittive rispetto al resto della Svizzera per contenere la diffusione del virus».

In questo periodo chi la incontra o la intravvede cerca un “approccio diretto”? Ha ricevuto lettere, complimenti…

«Ho sentito una grande vicinanza da parte dei cittadini attraverso moltissimi messaggi, lettere e disegni anche di tanti bambini. Sono momenti che fanno bene al cuore, che regalano delle belle emozioni e che danno forza. Ringrazio tutti».

In questo momento è importante esser uniti all’interno del Consiglio di Stato, per la prima volta l’impressione è che lo siate molto, che le problematiche partitiche si siano annullate. Che clima regna? Il fatto di essere tutti uomini pensa che “semplifichi” il dialogo, penso alla maggior emotività di noi donne…

«Ho apprezzato molto lo spirito di squadra con cui abbiamo lavorato in governo. Abbiamo lavorato insieme, portando sempre avanti, attraverso il dialogo e lo scambio, delle decisioni condivise e unanimi. Ma non bisogna dimenticare l’importante supporto di tante collaboratrici e collaboratori, che con grande impegno e dedizione ci hanno aiutati in questa fase delicata. Anche a tutti loro va il nostro ringraziamento».

Svolgere comunque tutti i compiti mantenendo la distanza è più complicato? Lei riesce anche a lavorare da casa?

«La regola della distanza sociale ha certamente influito molto sulle nostre vite. Abbiamo dovuto adattarci e trovare altri modi per poter essere vicini e garantire una presenza diversa. A livello lavorativo abbiamo maggiormente utilizzato le nuove tecnologie ed in particolare le video conferenze. Tuttavia, in molti casi occorre comunque riunirsi e quindi abbiamo optato per dei locali più ampi, in modo da garantire il rispetto delle regole igieniche. Da parte mia ho alternato lavoro da casa e in ufficio».

Anche lei ha una famiglia, tre figli, come ha spiegato loro questa situazione?

«Con i nostri figli abbiamo parlato in modo aperto, spiegando loro l’importanza di rimanere a casa. È chiaro che per i giovani è difficile non poter uscire e incontrare gli amici, ma comprendendo l’importanza di questa misura hanno dedicato il tempo a nuove e diverse attività. Inoltre, le nuove tecnologie gli hanno permesso di tenersi in contatto con i loro amici».

È difficile poter ora fare delle previsioni economiche per il Ticino, ma lei è fiducioso che negli anni riusciremo a riprenderci da questa “guerra invisibile”?

«Anche per la fase di ripresa è importante agire in modo unito verso un obiettivo comune, andando oltre alle posizioni rigide e personali, così come è stato fatto in questo momento di crisi acuta. Solo in questo modo sarà possibile ridare slancio alla nostra economia e lasciare alle future generazioni un Paese solido».

Cosa dire a chi ha l’impressione di perdere una vita di lavoro e di sacrifici?

«Comprendo bene questo sentimento. Questo momento difficile ha avuto un impatto molto forte sul lavoro di tante persone. Le difficoltà si sentiranno ancora per un po’ ed è per questo che abbiamo già introdotto alcune misure e stiamo lavorando ad ulteriori interventi – più a lungo termine – per cercare di attenuare gli effetti di questa situazione di crisi. Dobbiamo restare uniti e superare con coraggio e determinazione questa difficile fase di ripresa».

Lei sarebbe comunque pronto a traghettare il Ticino anche nei prossimi anni, magari sempre al Dipartimento delle finanze?

«Questo lavoro mi appassiona molto perché mi permette, oltre che occuparmi di temi che mi interessano particolarmente, anche di vivere vicino a tante persone e questo è l’aspetto che più mi appaga e che desidero poter continuare a fare».

Come crede si stiano comportando i ticinesi? Molto spesso si parla di “ubbidienza”, ma la vera forza allo stato attuale resta quella psicologica…

«I ticinesi hanno dimostrato un forte senso di responsabilità, di solidarietà e unità. Il Ticino è stato un esempio di comunità forte e coesa e di questo possiamo esserne tutti fieri ed orgogliosi!».

Voi come politici avete un’assistenza psicologica, qualcuno che si occupi anche di voi?

«No, ma in questo momento difficile è stato fondamentale il lavoro di squadra per supportarci vicendevolmente anche nei momenti più difficili, che hanno comportato anche per noi dei risvolti emotivi ed un impegno accresciuto».

Quando si combatte con un nemico invisibile come il coronavirus dove e come si continua a prendere la motivazione, la forza?

«La forza e la motivazione vengono dall’obiettivo comune di agire a tutela del bene più prezioso che abbiamo: la salute. Ma in questi momenti la forza più importante ci è giunta soprattutto dai cittadini che hanno dimostrato grande senso di responsabilità».

Parliamo ora un po’ di lei… la scelta degli studi economici quando e come è nata?

«È nata durante le scuole superiori parallelamente alla passione per la politica. L’indirizzo economico abbinato alla passione per la politica mi hanno permesso di potermi dedicare alla collettività, potendo dare un contributo alle scelte di una comunità».

Lei ha avuto una carriera politica “veloce”, possiamo dirlo, da chi ha ereditato questa passione?

«Da mio papà che è sempre stato attivo nella politica comunale e con il quale ho sempre avuto e ho tutt’ora dei momenti di confronto sui diversi temi politici».

Quando è stato eletto in Consiglio di Stato è stata una sorpresa oppure se lo aspettava?

«In politica è difficile fare previsioni. Avevo messo tutto il mio impegno per poter raggiungere questo obiettivo, consapevole che non sarebbe stato facile e scontato. Ho vissuto l’elezione con grande emozione».

In queste difficili settimane si è mai pentito di aver scelto la carriera politica?

«No. In questo periodo ho apprezzato la possibilità di vivere quel forte senso di comunità e unità. Questo è per me gratificante».

Il soprannome di Harry Potter le ha mai dato fastidio?

«No. Lo trovo simpatico, mi fa sorridere e diverte!».

Lei è molto riservato e non sembra di molte parole, ma com’è il Christian Vitta in privato?

«Sono una persona tranquilla, pacata e calma e nei momenti più distesi mi piace godermi un po’ di allegria e sana leggerezza».

Passioni, hobby?

«Il giardinaggio. È un’attività che mi permette di stare all’aperto, fare un po’ di attività fisica e di rilassare la mente».

Qual è il suo motto?

«Credo molto nel lavoro di squadra, nel dialogo e nella condivisione. Quindi, in questo momento: Uniti ce la faremo!».

Ultima domanda: come pensa si ritroverà la società dopo questa pandemia?

«Una società più forte e unita che ha imparato ad apprezzare i valori che ci permetteranno di crescere come individui e collettività: solidarietà, unione e vicinanza di cuore».

Questa intervista è stata fatta a fine aprile. Naturalmente, da allora, molte cose sono cambiate e sono in continua evoluzione. Dal tema dell’apertura della scuola, al timore di una seconda ondata. Una guerra invisibile a livello mondiale che nessuno di noi si sarebbe mai aspettato di vivere, ma che ora siamo chiamati ad affrontare tutti, in prima fila. Se a qualcuno disturba lo slogan “uniti ce la faremo”, per molti questa frase ha dato la forza di tener duro. Non dimentichiamo che molte famiglie hanno perso dei cari e che hanno dovuto vivere il lutto lontani da chi avrebbe potuto dargli conforto.