Roberto Mastromarchi, Lei è stato di recente uno dei relatori presso l’Annual Forum Asset & Wealth Management tenutosi presso il Centro Studi Villa Negroni. Quali sono a suo giudizio le principali tendenze in atto a livello internazionale e locale?

«In un settore dove il crescente successo della gestione passiva e la complessità della regolamentazione spingono i margini verso il basso, a mio parere occorre spostare l’attenzione sempre più sul servizio (e sul cliente) e meno sul prodotto. L’interrogativo è: fino a dove (e fino a quando è conveniente) spingere la personalizzazione e la differenziazione, creando prodotti e servizi differenti e a valore aggiunto rispetto a prodotti standardizzati come gli ETF. Non da ultimo dobbiamo comprendere quali saranno le conseguenze della progressiva introduzione di nuove tecnologie nell’industria e come beneficiarne».

Quale ruolo assume il Wealth Management all’interno delle strategie di Banca Popolare di Sondrio (Suisse)?

«Il Wealth Management è uno dei due segmenti principali per la Banca assieme ai crediti ipotecari. Fin dagli albori della nostra attività, nel 1995, ci siamo focalizzati sulla gestione patrimoniale per clientela residente e internazionale: nel tempo ci siamo evoluti creando differenti prodotti e servizi, cercando di cogliere le tendenze secolari dell’industria, non da ultimo integrando le tematiche ESG nella nostra offerta. La nostra interpretazione del Wealth Management ci ha condotto a costruire una modalità di erogazione sufficientemente flessibile per poter accogliere e servire sia la clientela Retail Banking che la clientela afferente al segmento Private Banking.

La volontà di continuare a investire risorse in questo ambito è forte e vogliamo progredire con successo verso questa strategia di business duale Wealth Management – Crediti Ipotecari».

Nello specifico, quali prodotti e servizi siete in grado di offrire alla vostra clientela?

«A seconda delle esigenze della clientela siamo in grado di offrire soluzioni in delega di gestione o in consulenza; senza trascurare coloro che vogliono gestirsi autonomamente o tramite dei gestori patrimoniali professionali.

I servizi di gestione patrimoniale e consulenze possono essere più o meno    sofisticati e personalizzati a seconda della “taglia” ed esigenza del Cliente.

Mi piace evidenziare che presso BPS (SUISSE) è possibile iniziare a investire in modo graduale già con piccole somme di denaro attraverso la nostra Popso (Suisse) Investment Fund SICAV che dispone di 13 differenti comparti.

Nel contempo le richieste per la clientela Private Banking sono più ampie e articolate, di conseguenza anche la nostra offerta commerciale: disponiamo di diverse linee di mandati di gestione patrimoniale e il mandato di advisory professional, che permette al Cliente di personalizzare il servizio di gestione patrimoniale, come un vestito fatto su misura dal sarto.

Inoltre, il nostro orientamento strategico verso il mercato ipotecario ci consente di considerare la componente investita nell’immobiliare quale parte integrante dell’offerta di Wealth Management e cogliere a tutto tondo la sensibilità della clientela in ottica di pianificazione finanziaria e protezione patrimoniale, grazie anche alla collaborazione con provider esterni».

In che modo e in quale misura nuove tecnologie e processi di digitalizzazione stanno trasformando il Wealth Management?

«Se pensiamo ai prodotti, l’associazione alle strategie di investimento quantitative basate sull’intelligenza artificiale è piuttosto immediata; così come alla robotizzazione (e standardizzazione) della consulenza. Allo stato attuale è però difficile stimare quanto siano già impattanti e diffuse queste tecnologie e soprattutto quale sia la risposta da parte della clientela.

Probabilmente sarà dal punto di vista organizzativo che, grazie alla crescente digitalizzazione, si potranno intravedere benefici rapidi attraverso l’automazione di attività ripetitive e/o a minor valore aggiunto: si passerà sempre di più ad attività di controllo di qualità dell’output, ottenendo dei risparmi in termini di costi e tempi di produzione.

A livello di erogazione del servizio alla clientela, probabilmente la tendenza condurrà a far evolvere la consulenza attraverso la tecnologia, piuttosto che bypassarla completamente. Una dicotomia fra ciò che è standard e ciò che è personalizzabile».

Nella sua valutazione quanto pesano davvero geopolitica, conflitti e crisi internazionali nei portafogli e come tenerne conto?

«Gli elementi geopolitici sono una “variabile costante” con cui i gestori patrimoniali devono trattare: ogni anno c’è uno nuovo choc esogeno di natura geopolitica da tener presente ma alla fine sono i flussi finanziari e le valutazioni relative delle diverse “asset class” a determinarne in modo preminente l’andamento. Invero, dipende sempre dalla composizione dei singoli portafogli e si ricade nella tematica del rischio specifico.

Portafogli maggiormente esposti ai Paesi Emergenti, dove questi fattori sono decisamente rilevanti e sistematici, sono tendenzialmente più vulnerabili alla variabile geopolitica. In modo indiretto anche i portafogli meno esposti possono avere conseguenze, magari sul breve termine, dovute a choc esogeni di natura geopolitica. Momenti di risk-off colpiscono le classi di attivo meno liquide, come ad esempio il credito high yield, oppure le componenti a beta più alto del mercato azionario o un settore specifico.

Come detto però, se il rischio specifico non determina un deterioramento strutturale dei fondamentali, valutazioni e flussi dovrebbero correggere questi scompensi nel medio termine. In attesa del nuovo choc geopolitico che seguirà».