Quali sono state le tappe principali della storia della SUPSI nel corso di questi 25 anni e quale impatto ha avuto nello sviluppo economico e sociale del Ticino?

«La SUPSI è nata nel 1997, integrando preesistenti scuole di specializzazione e istituti di ricerca pubblici e privati. Sin dall’inizio si è qualificata come università professionale in grado di coniugare formazione e ricerca, cui si è poi affiancata l’attività nel vasto campo della formazione continua. Negli anni le attività si sono sviluppate con la nascita di nuovi corsi di formazione, istituti di ricerca e centri di competenza: basti pensare, per citare solo alcuni tra i più recenti, i nuovi Bachelor in Data Science and Artificial Intelligence e in Leisure Management, gli istituti di Design o di Microbiologia, il Centro competenze cambiamento climatico e territorio o, ancora, l’Istituto di tecnologie digitali per cure sanitarie personalizzate. Senza dimenticare il ruolo delle scuole affiliate, l’Accademia Teatro Dimitri e la Scuola universitaria di Musica del Conservatorio della Svizzera italiana, realtà che hanno permesso alla SUPSI di aprirsi al mondo delle arti. Tra le tappe importanti di questo lungo percorso, è importante ricordare il processo impegnativo che ci ha condotto alla conferma dell’accreditamento istituzionale nel 2021.Un vero e proprio lavoro di quality check dal quale sono emerse ottime valutazioni riguardo alle nostre strutture, ai corsi, ai servizi, ai laboratori e agli insegnamenti offerti. Infine, vorrei citare l’apertura dei nuovi Campus di Mendrisio e Viganello che consentono oggi alla SUPSI di disporre di stabili funzionali appositamente studiati e realizzati per svolgere attività di formazione e ricerca».

Avete deciso di abbinare l’apertura dei festeggiamenti per i 25 anni con la presentazione di un Primo Rapporto di Sostenibilità. Quali le ragioni di questa scelta?

«Non credo di essere lontano dal vero se dico che nella storia della SUPSI c’è un quarto di secolo di rispetto dell’ambiente. Ora la pubblicazione di questo Rapporto propone una visione d’insieme delle iniziative e delle buone pratiche a favore delle diverse dimensioni della sostenibilità promosse dall’ateneo, presentando una selezione di progetti concreti nella formazione di base e continua, nella ricerca e nei servizi svolti all’interno dei Dipartimenti e delle Scuole affiliate, favorendo nel contempo la diffusione di una nuova consapevolezza sulla necessità di una transizione verso una società più sostenibile, attenta e consapevole dei limiti planetari. L’intento è che le buone pratiche descritte al suo interno possano fungere da ispirazione per promuovere stili di vita più responsabili. La pubblicazione è frutto delle competenze e delle esperienze dei membri del gruppo interno interdisciplinare sulla sostenibilità, coadiuvate dal prezioso supporto fornito dai servizi, dai Dipartimenti e dalle Scuole affiliate attraverso un attento processo di consultazione».

In estrema sintesi, quali sono le finalità che SUPSI persegue?

«Il profilo della SUPSI è quello di una scuola universitaria professionale che si distingue per la sua capacità di tessere reti di collaborazione e di assicurare formazione professionalizzante, ricerca applicata e servizi, in modalità diverse, declinate rispetto agli specifici bisogni di ogni disciplina e contesto professionale. Ciò significa formare persone prevalentemente del territorio con profili professionali, altamente qualificate e immediatamente operative, capaci di muoversi con competenza e flessibilità in contesti regionali, nazionali e internazionali. Al tempo stesso, con la ricerca offriamo soluzioni innovative e rapidamente applicabili, capaci di migliorare sia la competitività di imprese, organizzazioni e istituzioni locali, sia la qualità di vita delle persone».

Quali sono gli specifici obiettivi di SUPSI riguardo ai suoi mandati?

«Per la formazione di base la nostra attenzione sarà focalizzata su un ulteriore miglioramento della qualità dell’offerta, mettendo in atto misure identificate nell’ambito delle procedure di valutazione cui si sono sottoposti tutti i corsi di laurea bachelor e master. Svilupperemo inoltre flessibilità e individualizzazione dei percorsi di studio, tenendo in debita considerazione gli aspetti legati alla digitalizzazione. Rispetto alla formazione continua garantiamo un’ampia e approfondita proposta di programmi di studio avanzati, consolidati e di successo che vengono costantemente aggiornati in funzione dei rapidi cambiamenti provocati dall’accelerazione nel mondo del lavoro, dalla riorganizzazione dei suoi modelli e dalla digitalizzazione. La ricerca applicata e le prestazioni di servizio svolte in una scuola universitaria professionale hanno l’obiettivo di perseguire lo stretto contatto con un mandante dell’economia, dei servizi o delle arti realizzando risultati fruibili dai cittadini. Queste attività sono inoltre fondamentali per garantire la costante innovazione nella formazione, grazie allo sviluppo di competenze, reti di collaborazione e aggiornamento delle infrastrutture e dei laboratori».

Uno dei più consistenti investimenti compiuti da SUPSI nel corso degli ultimi anni riguarda la costruzione dei nuovi campus. Con quale bilancio?

«Devo premettere che la realizzazione di una grande opera edilizia comporta sempre, anche in Svizzera, varie difficoltà di ordine burocratico e normativo. A ciò si aggiunge il fatto che i tempi lunghi di una costruzione (nel nostro caso circa 15 anni dall’idea originale al termine dei lavori) sono spesso superati dai ritmi di crescita e dalle sopravvenute esigenze del committente. In ogni caso, il completamento dei campus di Mendrisio e Viganello è avvenuto nei tempi previsti, grazie anche alla piena collaborazione delle amministrazioni locali, e le nuove strutture già oggi rappresentano un elemento di dinamismo e crescita per quei territori. Per quanto riguarda il progetto di Lugano-stazione, la situazione si è presentata fin da subito più complessa, per la conformazione fisica del sedime prescelto ma anche per la presenza di responsabilità e competenze diverse, con la conseguenza di un ritardo nell’avvio dei lavori che mi auguro possa essere definitivamente superato all’inizio dell’anno prossimo. Dal momento dello sblocco del progetto dobbiamo quindi prevedere un anno circa per la messa a punto del piano esecutivo definitivo, la cui elaborazione impatta in modo rilevante anche sui finanziamenti. A seguire saranno verosimilmente necessari altri 2-3 anni per la realizzazione di tutti i lavori previsti».

Quali sono le principali richieste e attese che provengono alla SUPSI dalle aziende e dal mondo del lavoro?

«Le trasformazioni in atto nell’economia modificano profondamente i profili professionali, richiedendone di nuovi e rendendone obsoleti altri. La formazione deve quindi adeguarsi a questi mutamenti, introducendo nuovi metodi e strumenti che permettono un’adeguata preparazione per rispondere alle nuove richieste e alle esigenze di flessibilità del mercato del lavoro di domani. Una particolare sfida in questa trasformazione legata alle digital skills riguarda la formazione di base, come pure la formazione continua e quella interna. Questa attenzione nei confronti delle nuove competenze, tecniche e non solo, che vengono richieste dalle aziende, pone anche un problema di strategie da mettere in atto per mantenere sul nostro territorio giovani talenti, evitando una dispersione verso altri centri di ricerca e formazione in Svizzera o addirittura all’estero».

In che modo e in che misura la recente pandemia ha contribuito a trasformare il lavoro, la ricerca, l’insegnamento di SUPSI?

«Direi che ha agito da potente acceleratore di processi che erano già in atto ma che nei mesi scorsi hanno avuto una diffusione altrimenti impensabile. Lo smart working e l’insegnamento a distanza hanno palesato tutte le loro straordinarie potenzialità e comportato grandi vantaggi per una popolazione di studenti che è costituita anche da lavoratori e pendolari. Al tempo stesso ne abbiamo compreso i limiti, soprattutto dal punto di vista della socialità che, non dimentichiamolo, rappresenta un elemento importante della formazione. In ogni caso, questo periodo ha messo tutta la struttura e l’organizzazione della SUPSI di fronte all’esigenza di misurarsi con tecnologie informatiche prima solo in parte utilizzate, ripensando il modo di lavorare, fare lezione, condurre laboratori: nuove esperienze intorno alle quali è in corso una riflessione che non mancherà di generare i suoi frutti».

Da ultimo, lei vanta un’esemplare carriera in campo bancario e accademico. Quale consiglio si sente di dare ad un giovane che si accinge ad intraprendere il proprio percorso professionale?

«Credo che il primo elemento da prendere in considerazione sia la necessità di dotarsi di una adeguata formazione di base. In secondo luogo, un caldo invito ad acquisire importanti competenze linguistiche. Non è sufficiente “parlare un po’di inglese”, occorre avere un’ottima padronanza di questa lingua ed inoltre, almeno per noi ticinesi, è consigliabile conoscere anche le altre lingue nazionali, francese e tedesco. Il terzo consiglio può sembrare banale, ma è invece fondamentale, e cioè dedicare tanto tempo e, soprattutto, tanto impegno al proprio lavoro. Da ultimo, essere capaci di avere una vita equilibrata dove la centralità del lavoro non esclude altre importanti ambiti come la famiglia, il tempo libero, i propri interessi e le passioni».