Il Natale è una delle festività più diffuse al mondo, osservata da credenti e non credenti, è un insieme di tradizioni sacre e laiche. Coincide con il solstizio d’inverno, periodo in cui si celebravano nell’antica Roma i Saturnali, durante i quali si festeggiava con conviti e banchetti l’abbondanza dei doni della terra. Erano riti di propiziazione, tesi a far sì che il sole dopo l’inverno rinascesse.
Con le feste per il 25 dicembre si sono accumulate quindi usanze e tradizioni per oltre due millenni, dallo scambio di regali alla sontuosa tavola imbandita.
Il Natale ha sempre ispirato scrittori e poeti di ogni tempo. L’autore più conosciuto è Charles Dickens, che nel suo Canto di Natale ha fatto del 25 dicembre un giorno di redenzione. Il vecchio Scrooge, chiuso nel gelo della sua avarizia, incontra tre spiriti che gli mostrano la vita com’era, com’è e come sarà. È la notte più fredda dell’anno, ma anche quella in cui si accende la scintilla della speranza. Alla fine, l’uomo che non sapeva più sorridere scopre che la vera ricchezza non è l’oro, ma la gentilezza.
In Dickens il Natale è luce contro le ombre dell’anima. Quando Charles Dickens il 19 dicembre del 1843 portò nelle librerie Il Canto di Natale probabilmente non immaginava di aver prodotto un’opera eterna. Il racconto, perfettamente figlio dell’epoca in cui è stato scritto, è ancora oggi attuale. Per questo motivo, continua ad essere uno dei libri più regalati a Natale. La storia del vecchio e avaro Ebenizer Scrooge che riscopre il significato della Festa per eccellenza, riesce ancora oggi a parlare con potenza, a dare calore. E pensare che in quel volumetto, realizzato in sole 6 settimane, Charles Dickens mise in gioco tutta la sua carriera. E pure la sua vita. Ed è proprio la tavola imbandita secondo la tradizione vittoriana che ci suggerisce un grande classico della gastronomia anglosassone: l’oca ripiena. Forse meno nota rispetto alla ricetta del tacchino, a metà Ottocento per la classe operaia inglese questa variante era la protagonista indiscussa dei giorni di festa.
Sempre nel Regno Unito, già la scrittrice Jane Austen, di cui il 16 dicembre ricorrono i 250 anni dalla nascita, trattava il Natale, ma in modo differente. Celebre per romanzi come Orgoglio e pregiudizio e Ragione e sentimento, offre un ritratto della società inglese del XVIII secolo, con particolare attenzione alle dinamiche familiari e alle questioni di classe e genere. Il Natale in Jane Austen è un tema sottile, ma molto interessante: non è mai il centro della trama, come in Dickens, ma è spesso lo sfondo perfetto per rivelare emozioni, rapporti sociali e sentimenti. Nei romanzi di Jane Austen, il Natale non è tanto una festa religiosa, ma un momento di vita sociale e familiare.
Non troviamo alberi decorati o regali (che non erano ancora usanze diffuse in Inghilterra), ma cene, balli, visite, viaggi: tutte occasioni in cui i personaggi si incontrano, si osservano e, spesso, si innamorano.
Nel periodo natalizio si svolge uno dei passaggi più significativi di Orgoglio e Pregiudizio: Elizabeth Bennet va a trovare la sua amica Charlotte, appena sposata con il signor Collins, proprio dopo Natale. Durante quel periodo, incontra di nuovo Mr. Darcy, e i loro rapporti cominciano lentamente a cambiare. Il Natale, qui, è tempo di incontri e chiarimenti, in cui i personaggi si trovano a riflettere su sé stessi e sugli altri. Inoltre, la casa Bennet durante le festività è piena di ospiti, conversazioni, piccoli pettegolezzi e tensioni sociali: un perfetto esempio di come Austen usi il Natale per mostrare la società inglese del suo tempo, fatta di convenzioni, buone maniere e sentimenti nascosti sotto la superficie.
Nel romanzo Emma, le festività natalizie sono ancora più presenti. Durante una cena di Natale nella casa dei Weston, il tempo freddo e la neve impediscono ai personaggi di rientrare subito, creando un clima di intimità e riflessione. È in questo periodo che Emma comincia a rendersi conto dei propri sentimenti e delle sue incomprensioni verso gli altri. Il Natale, qui, è un momento di passaggio interiore, in cui la protagonista inizia a maturare.
Anche in Sense and Sensibility, il Natale segna un punto importante: le sorelle Dashwood si trovano a Barton Cottage durante le feste, lontane dalla loro vecchia casa e da molte certezze. Il Natale mette in evidenza il contrasto tra ragione e sentimento, tra la vita semplice e le aspettative sociali.
Non ci sono grandi celebrazioni, ma il clima di riflessione e le visite reciproche tipiche delle feste permettono all’autrice di mostrare i legami affettivi che nascono o si trasformano. Il Natale non è mai spettacolare o decorativo, ma domestico e realistico. Diventa quindi un palcoscenico per la società inglese, dove l’amore, la gelosia e la convenzione si intrecciano sotto una luce più intima e sincera.
Per Jane Austen, il Natale non è la festa dei miracoli, ma quella dei sentimenti umani quotidiani. Tra una cena, una conversazione e un ballo, i suoi personaggi scoprono qualcosa di sé e, forse senza accorgersene, vivono una piccola rinascita. Non c’è bisogno di spiriti o magie: basta una stanza calda, la neve fuori, e due persone che finalmente si capiscono. Austen non descrive la festa in sé, ma il piacere delle relazioni umane, delle conversazioni e dell’accoglienza reciproca. L’invito natalizio rappresenta la cortesia e la ritualità della vita inglese del tempo. Austen mostra come le feste siano momenti di contatto tra famiglie e classi sociali, ma anche occasioni in cui le emozioni vere – amore, delusione, speranza – emergono sotto la superficie delle buone maniere. Austen usa la cornice natalizia per illuminare i sentimenti: dietro la calma apparente della vita domestica, i suoi personaggi vivono emozioni, scoperte e malintesi. Il Natale diventa così un tempo di equilibrio e cambiamento. In Jane Austen, il Natale non è mai un evento miracoloso o grandioso come nei racconti di Dickens: è un tempo di vita reale, dove i personaggi si incontrano, si osservano, cambiano. Le feste servono a rivelare i legami umani e le sfumature dei sentimenti, con quella grazia ironica che è la firma inconfondibile della scrittrice.
Molti altri scrittori lo hanno raccontato in modo diverso. Truman Capote, nel suo Un ricordo di Natale, ci porta in un piccolo paese del Sud degli Stati Uniti, dove un bambino e la sua vecchia zia preparano dolci da regalare agli amici. È un racconto pieno di neve e malinconia, dove il Natale diventa il simbolo di un tempo perduto, dell’infanzia che svanisce come il profumo del pan di zenzero.
Poi ci sono i Natali della famiglia e della solidarietà. In Piccole donne di Louisa May Alcott, le sorelle March, pur non avendo molto, rinunciano ai loro regali per aiutare chi sta peggio. È un Natale semplice, fatto di abbracci e sorrisi, dove il calore del cuore conta più del lusso.
Nel mondo moderno, invece, il Natale entra anche nei romanzi fantastici. Nei libri di Harry Potter, ad esempio, Hogwarts si riempie di neve, di candele fluttuanti e di regali magici: un momento in cui, tra mille pericoli, gli amici possono sentirsi a casa. È la magia che torna a ricordarci che, anche quando tutto sembra perduto, c’è sempre un po’ di luce da qualche parte.
Ogni scrittore ha visto nel Natale qualcosa di diverso: per qualcuno è il giorno del perdono, per altri è la memoria di ciò che non torna più, per altri ancora è un’occasione per riscoprire la bontà nascosta nel cuore dell’uomo. È una storia che si rinnova ogni anno, un piccolo miracolo che continua a ricordarci che, anche nelle notti più fredde, una luce può sempre accendersi da qualche parte dentro di noi.



