La sua nomina è corrisposta nel tempo all’arrivo della seconda ondata della pandemia. Quali problemi ha dovuto subito affrontare?

«La pandemia ha causato una voragine negli affetti personali più intimi dei nostri concittadini. Avere sempre presente questa drammaticità porta ad avere ancora più attenzione e concentrazione nel lavoro quotidiano. Lo spirito di dedizione che si respira all’interno dell’EOC a causa della pandemia è assolutamente straordinario e fors’anche unico. Chiaramente la pandemia porta con sé dei momenti decisionali molto brevi: dall’analisi del problema, alla presa di decisione e all’attuazione passano pochi istanti. D’altro canto anche i nostri collaboratori sono stati toccati in prima persona dalla pandemia (circa il 10% si è ammalato) e questo ha comportato ancora più pressione sul sistema. Operativamente tutto era ben organizzato e funzionante, visto che la pandemia era arrivata già a febbraio 2020».

Prima di occuparsi di sanità, lei ha maturato significative esperienze in ambito economico. Ritiene che le strategie adottate dalle autorità federali siano state complessivamente adeguate a contemperare salute ed economia?

«Ogni strategia, soprattutto in ambito politico, ha valore solo se applicata. La migliore strategia del mondo serve a nulla se rimane chiusa in un cassetto o se non viene supportata dalla popolazione. In questo senso ritengo che le decisioni del Consiglio federale siano state adeguate, perché recepite e applicate dalla popolazione. Alcuni settori economici, penso alla ristorazione ma anche agli stessi ospedali, sono stati toccati economicamente in modo massiccio. Nel complesso però, e i principali indicatori economici lo mostrano, la Svizzera è uscita bene dalle prime due ondate pandemiche. Gli aiuti messi in campo per l’economia sono arrivati molto velocemente e con poca burocrazia, tipico della Svizzera. Ho un qualche dubbio sui prestiti che dovranno essere rimborsati da parte delle aziende. Il basso tasso di disoccupazione mostra però che le misure hanno funzionato bene e anche a livello di contenimento delle infezioni siamo riusciti a parare bene il colpo».

Quali sono stati gli effetti della pandemia, che in Ticino si è manifestata con particolare virulenza, sui conti 2020 dell’EOC?

«La chiusura di tutte le attività elettive decisa dal Consiglio federale a marzo del 2020 ha portato lo scorso anno ad una pesante situazione economica. Oltre a questo EOC ha dovuto riorganizzare completamente il lavoro di tutte le sue sedi. Si è parlato, per quanto attiene all’EOC, prevalentemente della Carità di Locarno. In realtà per poter supportare Locarno con le dovute risorse, tutti gli ospedali hanno dovuto riorganizzarsi completamente. EOC ha quindi chiuso il 2020 con una perdita di 54 milioni di franchi, in sintonia con gli altri ospedali svizzeri delle medesime dimensioni».

Quali previsioni avanzate per il 2021 e come pensate di fare fronte alle necessità di finanziamento delle attività dell’EOC?

«Durante i primi tre mesi del 2021 abbiamo sofferto molto la seconda onda del Covid. Le attività di degenza e ambulatoriali sono scese al minimo. Durante i mesi estivi abbiamo ripreso un buon andamento e abbiamo recuperato un buon numero di interventi. Ciò nonostante la flessione dei primi tre mesi non sarà totalmente recuperabile e quindi chiuderemo in perdita anche il 2021. Abbiamo riserve a sufficienza per assorbire anche questo contraccolpo. In complesso però è utile ricordare che i costi della degenza in EOC e le relative tariffe sono inferiori alla media nazionale: la gestione degli ospedali cantonali è quindi una gestione sana e finanziariamente oculata. Il problema di fondo rimangono i numeri che in taluni casi non giustificano più una presenza così puntuale sul territorio. Ad esempio in Ticino abbiamo ancora sei maternità aperte con una natalità fortemente in calo. Lugano e Locarno hanno addirittura due maternità attive per città».

A che punto è il piano di vaccinazione della popolazione e quali le maggiori difficoltà incontrate?

«Il piano vaccinazione non è definito da EOC.  Mi sembra però che in Ticino la popolazione abbia recepito bene il messaggio e il piano abbia funzionato bene, dopo i primi intoppi iniziali. È importante arrivare ad un tasso alto di vaccinazione (idealmente il 90%) sulle classi d’età più a rischio».

In che misura il quadro sanitario e quelle economico impongono una ridefinizione dei progetti futuri?

«Il CdA di EOC ha dato mandato alla Direzione Generale nel 2020 di rivedere una serie di progetti sotto un’analisi denominata “Stress-Test”. Oltre agli elementi economici e sanitari del momento, ci si è anche chinati sull’evoluzione demografica futura del Cantone Ticino. È emerso chiaramente che il Cantone Ticino sta perdendo abitanti (soprattutto la regione del luganese) e gli scenari di forte crescita demografica sono stati rivisti. Al contempo la popolazione del Cantone Ticino continua ad invecchiare: il tasso di over 65 in Ticino è il più alto della Svizzera e secondo le previsioni è determinato a crescere ulteriormente. Questi ultimi elementi andranno a condizionare la progettualità in modo marcato. EOC è quindi impegnato per fare in modo di ridare un nuovo ciclo di vita a tre dei quattro ospedali. Per Bellinzona invece si progetta il nuovo ospedale della Saleggina».

L’Ente ha molte eccellenze al suo interno in termine di competenze, istituzioni, servizi, ecc. Ritiene che la comunicazione sinora portata avanti renda adeguatamente conto dei meriti di questa istituzione?

«Il tema della comunicazione in EOC è un tema molto sentito. Negli ultimi anni anche il settore della comunicazione ha vissuto importanti innovazioni e cambiamenti, che richiedono un adeguamento delle modalità e degli approcci comunicativi. In questo senso, già nel 2020 sono state condotte riflessioni, analisi e approfondimenti volti a rilevare le opportunità di miglioramento e le linee di indirizzo per una nuova strategia. A settembre 2021 ha iniziato la collaborazione in EOC il nuovo responsabile comunicazione: a lui il compito, lavorando in stretta collaborazione con la Direzione generale, di attuare la nuova strategia di comunicazione. D’altro canto i portatori di interesse (stakeholder) sono veramente molteplici: abbiamo il semplice cittadino sia quale possibile fruitore sia quale contribuente, abbiamo il personale interno (oltre 6 mila collaboratori), abbiamo inoltre i medici del territorio e abbiamo le classi di interesse speciali quali ricercatori. Non da ultimo abbiamo la politica. Ognuno ha dei bisogni chiaramente differenti di informazione. Sono convinto che la nuova persona responsabile della comunicazione, unitamente ad una nuova struttura organizzativa e a nuovi approcci comunicativi, sapranno darci belle soddisfazioni in futuro.

Come sta procedendo l’integrazione del Cardiocentro nell’Ente?

«Molto bene. Siamo molto contenti dell’avanzamento del progetto. Le persone da ambo le parti (EOC e Cardiocentro) dimostrano una voglia di collaborazione e di integrazione fantastica. Come in ogni progetto c’è la voglia di riuscire a fare tutto molto velocemente: in realtà il segreto è appunto la gestione il tempo. Dare il tempo affinché le situazioni maturino da sole».