La vita di un diplomatico è quasi sempre caratterizzata da continui spostamenti. Anche lei ha avuto modo di rappresentare l’Italia in varie parti del mondo?

«Si. Dopo essermi laureato in Scienze Politiche presso l’Università “La Sapienza” di Roma, mia città natale, ho intrapreso la carriera diplomatica; nel 1989, come primo incarico all’estero, sono stato nominato Console a Rio de Janeiro; quindi, nel 1993, Consigliere politico all’Ambasciata a L’Avana e nel 2001 Consigliere commerciale in quella di Atene. Nel 2013 sono stato nominato Ambasciatore a Nairobi, accreditato, con credenziali di Ambasciatore, anche a Port Victoria (Isole Seychelles) e, con titolo e rango di Ambasciatore, presso l’U.N.E.P. (Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) e presso l’H.A.B.I.T.A.T. (Programma delle Nazioni Unite per gli Insediamenti Umani). Queste missioni all’estero sono state intervallate, come da prassi, da incarichi presso vari uffici del Ministero, tra cui, prima della mia partenza per il Kenya, quello alla Direzione Generale Cooperazione e Sviluppo come responsabile della cooperazione multilaterale».

 

La sua nomina a Lugano risale invece allo scorso anno…

«Presto servizio presso il Consolato Generale di Lugano dal settembre 2018 e devo dire che sono molto onorato e felice per questo incarico. Il Consolato di Lugano, con quelli di Francoforte, Gerusalemme, Monaco di Baviera, New York, San Paolo, Shangai, Toronto e Zurigo ha la qualifica di “prima classe”; ciò a testimonianza della grande importanza che il Canton Ticino riveste nell’ambito delle relazioni politiche, economiche e culturali tra Svizzera ed Italia».

 

Dal suo osservatorio privilegiato, quali sono le maggiori problematiche che qui in Ticino coinvolgono i rapporti tra Italia e Svizzera?

«Per rispondere alla sua domanda vorrei premettere alcuni dati che ritengo significativi: risultano iscritti all’anagrafe del Consolato oltre 122.000 cittadini italiani, di cui circa 40.000 con doppia cittadinanza; il numero dei frontalieri italiani in Ticino oscilla attorno i 60/65 mila. In Ticino si trova Campione d’Italia che, seppur non rientrando tra le competenze dirette del Consolato, determina innumerevoli ricadute politiche in particolare nei contatti con le Autorità cantonali. Numeri e questioni importanti che ovviamente comportano anche alcune criticità quali, ad esempio, il rinnovo dell’accordo sulla tassazione dei frontalieri, lo status di Campione alla luce sia del fallimento del Casinò e del conseguente dissesto economico di quella Municipalità che della sua inclusione nell’area doganale dell’UE, i difficili e spesso conflittuali rapporti tra il Consolato e le ARP (Autorità Regionali di Protezione) per quanto concerne la tutela dei minori italiani.

 

Con quali principali caratteristiche si presenta la comunità italiana in Ticino?

«Personalmente, un elemento che mi ha colpito sin dai primi giorni del mio arrivo a Lugano, è la grandissima stratificazione sociale degli italiani in Ticino; “strati” che praticamente non comunicano tra di loro. La conseguenza è che gli italiani non solo non si conoscono ma spesso si ignorano, l’associazionismo langue e l’ente istituzionalmente deputato a rappresentare i nostri connazionali, il COMITES, è fatalmente espressione di una parte esigua di essi. Quella che ho sommariamente descritto è una realtà comune in molte nostre comunità nel mondo ma, qui in Ticino, ove un terzo della popolazione possiede cittadinanza italiana, questa condizione viene probabilmente accentuata dall’assenza di barriere linguistiche o culturali e dal fatto che in quasi ogni famiglia ticinese esistono rapporti di parentela, più o meno stretti, con l’Italia. In sintesi, si potrebbe affermare che quella italiana è una comunità che non necessita e non ricerca quelle forme di riconoscimento e di identità che caratterizzano ogni altra comunità all’estero in quanto perfettamente integrata nel contesto culturale, sociale ed economico ticinese».

 

In un’ottica transfrontaliera, a che punto siamo riguardo alla possibilità di dare vita ad una regione economica e culturale insubrica?

«Sono stati fatti grandi passi in avanti da quando si è iniziato a parlare di Regione Insubrica; il processo ha forse subito negli ultimi tempi un rallentamento, imputabile in parte all’attuale fase politica sia italiana che svizzera. In ogni caso, bisogna sottolineare il fatto che, al di là delle visioni, dell’aspetto istituzionale e delle volontà politiche, importanti rapporti di collaborazione si stabiliscono ogni giorno a livello di ricerca, innovazione, attività culturali, e tanto altro ancora, coinvolgendo, sia in Italia che in Svizzera, qualificati soggetti pubblici e privati».

 

Quali sono gli obiettivi che si è dato nello svolgimento del suo mandato?

«Rendere i servizi erogati agli utenti del Consolato quanto più rapidi ed efficienti possibile. Tenendo conto della consistenza della comunità italiana e delle risorse umane a disposizione del Consolato; ci stiamo inoltre impegnando per accrescere l’utilizzo dei mezzi informatici nel disbrigo delle pratiche riducendo, per quanto possibile, la necessità per il connazionale di doversi recare in Consolato. Ovviamente tutto è perfettibile e siamo ben lungi dall’aver raggiunto l’optimum ma ci stiamo attrezzando…».

 

Da ultimo, quali sono gli aspetti che maggiormente apprezza della vita in Ticino?

«Vivo da circa un anno in Ticino e, sin dai primi mesi, ho avuto modo di cogliere e di apprezzare grandemente la indubbia capacità di questo Cantone di ricercare soluzioni innovative per ridisegnare il proprio futuro, soprattutto dopo le note vicende che hanno determinato un drastico ridimensionamento del settore bancario/finanziario. Le dimensioni di Lugano, contenute ma che al tempo stesso si accompagnano ad una grande apertura internazionale, consentono una qualità della vita, anche sul piano culturale, oramai rara nel mondo. Sicurezza e tranquillità, che in Ticino si coniugano con la tutela dell’ambiente e lo sviluppo economico, rendendo il soggiorno in questo Cantone un’esperienza estremamente piacevole, interessante e soprattutto arricchente».