Questo è in sintesi l’insegnamento di Shakti Caterina Maggi, il cui percorso di vita è passato attraverso una profonda indagine interiore che l’ha portata dal giornalismo e la comunicazione alla condivisione dell’essenza profonda di ogni essere umano tramite conferenze e seminari organizzati in Europa e negli Stati Uniti. Saggezza naturale, senso dell’umorismo e profonda compassione sono tre caratteristiche che impattano immediatamente chi la incontra. La sua grande vitalità e lo spirito un pò rock fanno si che ai suoi seminari partecipino persone di tutte le età, tra cui molto giovani. Nell’ambito della crescita spirituale l’approccio alla vita che Shakti condivide è conosciuto come advaita vedanta (in sanscrito non dualità), un’antica filosofia indiana che riconosce come l’essenza che sta alla base di ogni cosa sia una coscienza unica. Fondamentalmente, si tratta di un invito all’indagine interiore e la scoperta che ciò che chiamiamo io e il mondo non sono separati . La visione di Shakti Caterina Maggi è vicina a quella di insegnanti come Eckhart Tolle, autore di Il Potere di Adesso, e Donald Neal Walsh, autore di Conversazioni con Dio. Essendo laico e non religioso, il messaggio non duale ha permesso un contatto molto interessante con il mondo della scienza. Da questa sinergia è nato SAND Science and Nonduality, un’organizzazione internazionale da cui Shakti Caterina Maggi stata invitata come relatrice in questi anni. In conferenze a cui partecipano migliaia di persone studiosi e scienziati incontrano ricercatori spirituali di tutto il mondo per discutere quella che è l’essenza della vita. L’aspetto assolutamente affascinante, spiega Shakti Caterina Maggi, è che ascoltando alcuni scienziati si scopre che le loro conclusioni sembrano pervenire allo stesso punto della spiritualità: viviamo in un universo olografico che sembra non essere disgiunto da ciò che chiamiamo Coscienza.

Shakti Caterina Maggi, parlaci del messaggio non duale…

«È possibile vivere la vita in modo molto diverso da quello a cui siamo abituati. In genere siamo ipnotizzati dai conflitti della mente e dalle emozioni irrisolte che ci attraversano. La meditazione ci invita a muoverci da una dimensione più amplia, vuota e silenziosa, in cui siamo in grado di accogliere le difficoltà quotidiane con una pace interiore che non dipende dalle circostanze. In genere le persone si appoggiano del tutto al mondo esteriore, per poter trovare sicurezza e conforto. Questo è naturalmente possibile solo e fintanto che il mondo non delude le tue aspettative o non si scontra con le tue credenze. In questo senso, reputo che quella che può essere una crisi esistenziale non sia per forza un evento negativo: ci costringe a rivedere le nostre priorità e attingere a una sorgente più profonda e solida, che nella mia esperienza è quel Silenzio che riposa dietro alla mente in ognuno di noi. Nel guardarsi in un nuovo modo ciò che è falso tende a dissolversi e possiamo trovarci a incontrare la vita da questo luogo silenzioso che è dentro di noi e da lì accogliere la vita così come è: con le gioie, i dolori, i su e giù, che fanno parte dell’esperienza umana. L’essenza di questo messaggio è che ciò che accade nella nostra esistenza non è separato da noi, ma è uno con la nostra Coscienza».

Quale strada ti ha portato all’advaita?

«La mia storia prova che non è necessario avere una “carriera spirituale” per giungere al risveglio della coscienza di cui parlano tantissime tradizioni spirituali. All’epoca ero giornalista, avevo incominciato a lavorare per una grande società americana di informazione finanziaria a Milano, e la mia vita era diventata frenetica e complessa. Nonostante i miei 27 anni, avevo già raggiunto obiettivi importanti, con un’ottimo lavoro e posizione sociale, ma non ero felice. Inizialmente, pensai fosse a causa del lavoro per poi accorgermi che la ragione era più profonda. Se pensiamo che saranno il semplice cambiare lavoro, città o relazione a farci trovare pace e serenità ci stiamo ancora illudendo. Gran parte delle persone vive schiacciata da impegni sociali, lavorativi e famigliari, e sente di non avere più spazio per sé stessa. Questa pressione interiore viene sentita perché il nostro vero sé non è in grado di esprimersi per quello che è davvero… incolpare famiglia, lavoro o relazione è una modalità ancora infantile. La mia vita è cambiata quando, invece di lottare contro la nota stonata che sembrava accompagnare le mie giornate, ho cominciato a diventarne curiosa. È come se ci fossi caduta dentro e, in questo, si fosse aperta una possibilità totalmente nuova, ho toccato un’apertura e un’amore per la vita che non avevano nulla a che fare con le circostanze. A quel punto ho sentito che avevo bisogno di un qualcuno con cui parlare di quello che mi stava accadendo. e mi sono trovata in una sala gremita di gente a Milano dove un uomo inglese stava parlando di me. Ero esterrefatta, Bodhi Avasa non stava parlando di me come Caterina Maggi ma stava descrivendo quello che stavo vivendo. Mi sono completamente riconosciuta in quello di cui parlava e, nel giro di pochi giorni, un salto percettivo è accaduto e sono rimasta accanto a lui per quasi 14 anni, aiutandolo nel suo lavoro e imparando moltissimo. Questo mi ha permesso di crescere in questa comprensione profondamente e a diventare capace di portare a mia volta questo spazio di ascolto agli altri».


La versione completa di questo articolo la potrete trovare all’interno dell’edizione cartacea di Ticino Welcome oppure su Issu a pagina 210