Hanno partecipato all’incontro:
Stefano Rizzi
Direttore Divisione dell’Economia del Dipartimento delle Finanze e dell’Economia
Alessandro Stella
Direttore Ente Turistico del Luganese
Rinaldo Gobbi
Segretario Federcommercio Ticino
Giangiorgio Gargantini
Segretario sezionale e Responsabile settore terziario Sindacato UNIA
Lorenzo Emma
Direttore Cooperativa Migros Ticino
Paolo Locatelli
Vicesegretario cantonale e responsabile del settore vendita OCST
Antonietta Castelnuovo
Direttrice Boutique Tourbillon Lugano
Nadja Balmelli-Bagnoli
Boutique Manager Boutique Cartier Lugano
Mario Mantegazza
Titolare Teatro per Eventi Metamorphosis
Eduardo Grottanelli de’Santi
Moderatore e Responsabile editoriale di Ticino Welcome.
Possiamo partire introducendo il tema del dibattito attraverso una breve cronistoria dell’iter della nuova legge?
Stefano Rizzi:
«La nuova Legge sull’apertura dei negozi (LAN), approvata lo scorso mese di marzo in votazione popolare, è frutto di un percorso lungo e tortuoso. Verso la fine degli anni ’90 vi fu un primo tentativo di revisione della legge in vigore dal 1968, tuttavia bocciato dalla volontà popolare. A partire dal 2003, si sono quindi susseguiti gli sforzi per l’elaborazione di un nuovo progetto di legge condiviso. In particolare, tra il 2007 e il 2010, il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) così come il Consiglio di Stato si sono adoperati costantemente per favorire la concertazione e il coinvolgimento attivo delle parti sociali. Grazie a questo impegno è nata la LAN (presentata nel messaggio governativo n. 6480 del 2011), che intende mettere ordine al complesso sistema di deroghe in vigore e rispondere adeguatamente alle attuali sfide del settore della vendita. La LAN è stata quindi approvata il 23 marzo 2015 dal Gran Consiglio e, dopo il lancio del referendum, anche dal popolo ticinese. Ricordo che il Parlamento ha deciso d’inserire una clausola, all’articolo 23, che subordina l’entrata in vigore della legge alla firma di un contratto collettivo di lavoro (CCL) decretato di obbligatorietà generale nel settore della vendita. Grazie al proficuo lavoro di mediazione svolto dall’Ufficio cantonale di conciliazione, presieduto da Christian Vitta, si è giunti a una proposta di CCL sottoscritta dalle parti sociali. L’entrata in vigore della legge potrà essere decretata quando le parti sociali riusciranno ad adempiere le condizioni ed ottenere l’obbligatorietà generale del CCL».
Quali effetti ritenete che possa avere, dal punto di vista della vostra associazione e del vostro settore, l’approvazione di una nuova legge relativa agli orari di apertura dei negozi?
Paolo Locatelli:
«Siamo tutti d’accordo sul fatto che non fosse più possibile allontanare nel tempo la regolamentazione di un settore che non poteva continuare a vivere in un regime di regole ed eccezioni. Ma siamo anche convinti del fatto che una materia così delicata non potesse essere definita senza un generale consenso e la condivisione di obiettivi comuni. Il settore deve fare un passo avanti, ma senza che nessuno resti indietro, ed è proprio per questo che è stata inserita nella legge quella clausola che ne lega l’entrata in vigore all’approvazione di un CCL. Si è trattato di un baratto, o se vogliamo di uno scambio, che in questo modo crediamo possa adeguatamente tutelare tutte le diverse esigenze».
Nadia Balmelli-Bagnoli:
«Credo che su tutta la materia esista ancora un notevole livello di confusione che mette in grave difficoltà noi commercianti che spesso non sappiamo come regolarci e quali sono le effettive possibilità di tenere aperti i nostri negozi. Più in generale, devo dire che purtroppo Lugano non gode del riconoscimento di “città turistica”, con tutti i vantaggi anche commerciali che ne conseguono, e che i diversi comparti che in qualche modo sono legati al turismo dovrebbero essere capaci di mettere in atto un maggiore coordinamento per quanto riguarda orari di apertura e iniziative comuni. Fermo restando la tutela dei diritti dei lavoratori, che nessuno vuole mettere in discussione, occorrerebbe forse una visione più aperta e dinamica della situazione economica che la città sta vivendo e della concorrenza che Lugano deve subire da parte di altre città, anche molto vicine, che sulla strada delle liberalizzazioni, compresa quella degli orari dei negozi, hanno già compiuto passi giganteschi, attirando sempre nuova clientela».
Lorenzo Emma:
«Vorrei subito introdurre una precisazione: attualmente, in 10 cantoni la durata del lavoro, le pause, ecc. sono regolamentate dalla legge federale sul lavoro. In 16 cantoni questi aspetti, per quanto concerne il commercio, sono ulteriormente regolamentati con leggi che limitano gli orari di apertura dei negozi e in 2 di questi anche con contratti collettivi di lavoro obbligatori. Con la nuova legge ed il contratto collettivo obbligatorio, il Ticino diventerebbe uno dei cantoni più regolamentati mantenendo orari di apertura tra i più limitati in Svizzera. Se questa situazione dovesse concretizzarsi ci sarebbe comunque qualche piccolo vantaggio rispetto alla situazione attuale: maggiore chiarezza nelle regole e un po’ più di flessibilità negli orari di apertura. Per Migros Ticino stimo che quest’ultimo aspetto potrebbe portare ad un incremento delle vendite di circa l’1%».
«Se ci mettiamo dal punto di vista del turista che viene a Lugano per godere della bellezza del luogo, delle proposte culturali, ma anche per fare acquisti, la situazione non può che dirsi preoccupante. Non dimentichiamoci che si tratta di un settore che comunque concorre per il 10-12% alla formazione del prodotto interno cantonale. Parliamo tanto di accoglienza ma poi spesso siamo chiusi proprio quando maggiore è l’affluenza di visitatori stranieri. Siamo di fronte ad un panorama economico che mostra non pochi segni di crisi. Credo che la situazione andrebbe affrontata con ben altra energia, consapevoli del fatto che Lugano rischia, nonostante tutti gli sforzi fatti nel corso degli ultimi anni, di non avviare quel rilancio anche turistico di cui la città ha assolutamente bisogno».
Giangiorgio Gargantini:
«Vorrei sgombrare subito il campo dall’idea che i sindacati siano pregiudizialmente contrari alla revisione della legge vigente, di cui anzi riteniamo necessario un adeguamento proprio per portare maggiore chiarezza all’intero settore. Ciò che invece ci preoccupa sono due ordini di problema di cui abbiamo tentato di farci portavoce. Il primo riguarda gli interessi dell’intera cittadinanza, tenendo conto che Lugano non è soltanto una città turistica, anche se questo settore rappresenta comunque una voce importante della sua economia e dobbiamo concorrere in ogni modo al suo rilancio. Il secondo riguarda invece il piccolo commercio, soprattutto quello ubicato nei centri minori o periferici del Cantone, che già sta attraversando una grave crisi e che ora rischia di vedere ulteriormente minacciate le proprie attività».
Rinaldo Gobbi:
«Partirei dalla considerazione che la nuova legge non costituisce una rivoluzione ma è soltanto il tentativo di operare un riordino di cui tutti avvertivano la necessità. Si tratta dunque di una liberalizzazione molto parziale che tuttavia ci auguriamo possa venire incontro alla soluzione di un problema più volte denunciato: i negozi sono aperti in orari in cui sono spesso poco frequentati ed invece restano chiusi in occasione di festività o di altri momenti in cui vi è una grande affluenza di cittadina e di turisti nelle strade. Non si tratta quindi di andare contro i sacrosanti diritti dei lavoratori, ma piuttosto di non perdere possibili occasioni che potrebbero in qualche modo sollevare le sorti di un settore come quello del commercio che in questo periodo incontra non poche difficoltà».
Antonietta Castelnuovo:
«Purtroppo stiamo parlando di modifiche degli orari di apertura dei negozi nell’ordine di mezz’ora o un’ora al giorno. Niente di più. Ci vorrebbe ben altra liberalizzazione per essere attrattivi nei confronti di turisti sempre più difficili da intercettare e che, per abitudine, vorrebbero fare acquisti proprio durante i previsti orari di chiusura. Nessun negoziante, ve lo assicuro, vorrebbe tenere aperto in orari in cui il negozio resta drammaticamente vuoto. Bisognerebbe dunque lasciare ciascuno libero di attuare le proprie strategie di vendita e di applicare gli orari di apertura che ritiene più opportuni per il proprio business. Ricordiamo che ogni negozio che chiude definitivamente significa anche, purtroppo, una perdita di posti di lavoro. Minori incassi vogliono anche dire minori tasse versate al Municipio».
Quali ulteriori misure andrebbero approvate per rendere effettiva l’applicazione della nuova legge e favorire lo sviluppo delle attività commerciali in Ticino?
Stefano Rizzi:
«C’è un dato che risulta essere particolarmente interessante e che merita di essere preso in considerazione. Già oggi il 42% dei lavoratori del settore è occupato in negozi che possono tenere aperto fino alle 19 e questa percentuale sale nel periodo estivo fin oltre l’80%. Cosa servono allora le modifiche apportate dalla nuova legge? L’obiettivo è quello di migliorare le condizioni quadro entro cui i commercianti sono chiamati ad operare (coerentemente peraltro con gli orientamenti della più ampia strategia di sviluppo economico scelta dal Cantone), favorendo la competitività del settore e gli interessi delle diverse parti coinvolte, siano essi i consumatori, i lavoratori o gli stessi commercianti».
Eduardo Grottanelli de’Santi:
Ma allora, non sarebbe stato più opportuno arrivare ad una totale liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi? L’esperienza in tutto il mondo sta andando verso città aperte 24 ore su 24…
Paolo Locatelli:
«Questo non è possibile perché bisogna comunque tener conto delle norme stabilite dalla legge federale sul lavoro. Ciò che mi sembra importante sottolineare è che invece la nuova legge prevede un tavolo consultivo dove le parti interessate possono concordare tutta una serie di deroghe per rendere l’applicazione della legge più consona alle diverse realtà territoriali del Cantone».
Lorenzo Emma:
«Sicuramente Lugano sta attraversando da qualche tempo una fase involutiva, a livello economico e commerciale, per tutte le ragioni che ben conosciamo. Voglio solo aggiungere l’auspicio che questa nuova legge, con nuove garanzie e nuovi orari di apertura, possa in qualche modo innescare un’inversione di tendenza. Ma da sola non credo che possa fare molto. Occorre che tutta la città e il Cantone, la classe politica e le diverse categorie economiche e sociali coinvolte, si facciano promotrici e sostenitrici di un progetto globale che rivitalizzi i tanti aspetti della vita cittadina che oggi sembrano essere sopiti».
Antonietta Castelnuovo:
«Voglio aggiungere solo un elemento: tenere più a lungo e in modo più flessibile aperti i negozi nel tentativo di assecondare quella clientela straniera che rappresenta una voce importante della nostra economia, significa anche creare più occupazione perché, per esempio, più arabi o più russi significa per noi commercianti assumere personale che parli queste nuove lingue».
Alessandro Stella:
«Il nostro Cantone presenta, per sua fortuna, una molteplicità di situazioni diverse. I modi e i tempi della vita quotidiana non sono uguali ad Airolo e a Chiasso. E poi, perché i ristoranti possono restare giustamente aperti quando il cliente vuole mangiare, ma lo stesso non avviene per i negozi? Non tutti fanno gli acquisti agli stessi orari, soprattutto quando si tratta di clienti stranieri che hanno abitudini ed usanze diverse. Io credo che l’organizzazione dell’orario giornaliero di apertura dovrebbe essere lasciato a ciascun commerciante che meglio di tutti sa quali sono le ore in cui è meglio star chiusi e quelle in cui conviene essere aperti, magari fino a tardi».
Mario Mantegazza:
«Concordo totalmente con questa ultima osservazione. Nel nostro Cantone sembra che ci siamo completamente dimenticati di ciò che è il rischio d’impresa che pure costituisce uno dei cardini del liberismo economico e della nostra cultura politica. Le regole dovrebbero essere uguali per tutti e andrebbero rigorosamente rispettate. Ma la libertà di gestire come meglio si crede i propri affari andrebbe riconosciuta e garantita. Siamo in un periodo in cui il Ticino, dopo decenni di congiuntura favorevole, anche o soprattutto per le sventure della vicina Italia, si trova oggi nell’assoluta necessita di reinventarsi. Anche se purtroppo, con l’eccezione di AlpTransit, non vedo nessun progetto concreto pianificato per i prossimi 20 anni».
Giangiorgio Gargantini:
«Non condivido il giudizio che nulla si è mosso o è cambiato nel corso degli ultimi vent’anni. Molti progetti, e penso anche alle proposte di modifica delle norme sugli orari di apertura dei negozi, sono stati bloccati in seguito a votazioni popolari. In questo senso non credo sia corretto avere come riferimento i problemi dei commercianti del solo centro di Lugano, perché la realtà del Cantone è molto più complessa e i proprietari di molti piccoli negozi sparsi in tutto il Ticino, hanno più volte espresso con il voto il proprio disagio e dissenso».
Rinaldo Gobbi:
«Credo che la consapevolezza dei tempi e delle difficoltà che stiamo vivendo stia crescendo presso strati sempre più ampi della popolazione. Il problema è che quando si inizia a parlare delle possibili soluzioni e si cominciano a mettere in campo i progetti, subito si affacciano e prendono il sopravvento gelosie e particolarismi e piuttosto che unirsi per fare sistema si scegli l’immobilismo, un po’ per paura del cambiamento, un po’ per pigrizia, o forse, semplicemente, perché non si è ancora sufficientemente avvertita tutta la gravità della situazione attuale».
Mario Mantegazza:
«A questo tavolo siamo tutti innamorati del Ticino e vorremmo che le sue tante attrattive, dal clima alla bellezza del paesaggio, dalla sicurezza alla qualità della vita, siano adeguatamente valorizzate. Ma bisogna fare di più per proteggere questo inestimabile patrimonio. Bisogna che la politica torni ad essere vicina ai cittadini, abbandonando definitivamente il chiuso dei palazzi dove si consuma in faide interne ed inutili, per occuparsi invece dei problemi quotidiani della gente che vive in Ticino, che lavora e ha voglia di fare sempre più e meglio. Occorre che le persone che hanno idee da proporre si riuniscano intorno ad un tavolo e stabiliscano insieme quali sono le soluzioni più opportune da adottare. E poi, lasciatemelo dire, dobbiamo essere più accoglienti, ricorrere al sorriso anche quando un vigile deve elevare una contravvenzione, oppure considerando negli alberghi, nei ristoranti, nei negozi, gli ospiti come amici e non come un fastidio. Sembrano piccoli accorgimenti, eppure ci vuole poco a rendere questo meraviglioso luogo qualcosa di unico, amato e rispettato tanto dai suoi cittadini che dai turisti che vengono a visitarci».