Lei ha iniziato a giocare a golf fin da bambina. Quali sono stati i primi passi?
«Gioco a golf da sempre, mio padre era un appassionatissimo golfista e ha portato i suoi tre figli al golf fin da piccoli. Quando ero ragazzina e le mie amiche di domenica andavano a fare picnic in campagna o feste nelle varie case, io dovevo andare al golf con tutta la famiglia. Lo odiavo! A un certo punto, visto che i miei tentativi di indipendenza erano del tutto inutili, ho deciso che se proprio dovevo giocare, tanto valeva che lo facessi bene, e ho iniziato a considerare il golf come uno sport serio nel quale impegnarsi. Ora che, a quasi 74 anni, ancora gioco e mi diverto sempre di più, ringrazio di cuore mio padre per la sua insistenza!»
In che modo e quando l’abitudine a frequentare i campi di golf si è trasformata in passione agonistica?
«L’agonismo è sempre stata una componente “normale” nella mia famiglia. Mio fratello maggiore era bravissimo in tutti gli sport che faceva (golf, sci e vela) ed è stato quindi un processo naturale per gli altri due figli considerare da subito lo sport come un impegno agonistico e non come un passatempo domenicale».
Quali sono state i principali successi ottenuti in campo sportivo a livello di circolo e poi in squadre ufficiali e poi ancora con la nazionale svizzera?
«Fin da quando ho avuto un handicap sufficientemente basso, ho rappresentato i diversi circoli dei quali sono stata socia negli anni (Monza, Acquasanta, Garlenda, Lugano) nei campionati interclub, sono poi entrata a far parte della squadra nazionale juniores italiana, prendendo parte a numerosi incontri internazionali, ho vinto un titolo italiano juniores e uno di seconda categoria. Non ho avuto una carriera giovanile particolarmente brillante perché all’epoca ero molto più appassionata di sci che di golf e finché c’era neve sufficiente per lo svolgimento delle gare, la sacca da golf veniva abbandonata, per venir rispolverata a primavera. Poi mi sono sposata molto giovane e ho subito avuto i miei due figli (che naturalmente ho costretto a giocare a golf fin da piccoli!). Il golf è diventato un passatempo domenicale con qualche eccezione per gare di circolo a livello nazionale. Emigrata in Svizzera nel 1981 ho partecipato a qualche campionato svizzero con discreto successo e ho rappresentato il golf di Lugano negli interclubs. Ma è solo quando sono diventata seniores, con i figli ormai grandi e indipendenti, che sono entrata a far parte della squadra svizzera e ho ricominciato a partecipare a gare internazionali. Ho fatto parte della nazionale seniores svizzera dal 1998 al 2019, vincendo 2 medaglie d’argento e qualche bronzo (scusate, ma da buona senior non mi ricordo…) ai campionati europei. Ora faccio parte della squadra “Master” (over 65) e ho vinto 2 medaglie d’argento e una d’oro. Ho anche vinto 6 titoli svizzeri, l’ultimo dei quali l’anno scorso, grande soddisfazione, le più giovani seniores hanno l’età di mia figlia!».
Dal 2004 al 2008 è stata capitana della SSLGA (Swiss Senior Ladies Golf Association), ci racconta le soddisfazioni ottenute durante questa esperienza?
«È stata davvero un’esperienza entusiasmante! La presidente, Maud Mocellin, di Ginevra, è stata una partner di lavoro perfetta, siamo andate d’accordissimo e siamo rimaste molto amiche. Durante gli incontri internazionali ero capitana giocatrice e questo, invece di mettermi una eccessiva pressione, mi galvanizzava moltissimo. Abbiamo inventato i campi di allenamento per le seniores, tradizione che è stata portata avanti anche da chi ci ha succeduto e che ha avuto molto successo. Avevamo anche organizzato viaggi all’estero, nei quali ci siamo molto divertite! Sì è stata davvero una bella esperienza della quale ho un ottimo ricordo».
Per 20 anni ha partecipato agli incontri dello SWIM (Senior Women Invitational Matches): ci sono differenze riguardo al modo di approcciare il golf in Europa e in America?
«In America il golf dilettantistico è molto simile a quello professionistico, tranne che per il lato economico. Ora anche da noi i giovani dilettanti di successo conducono una vita molto simile a quella dei professionisti, dei quali un giorno seguiranno le orme, ma ai miei tempi, e quindi per noi seniores, lo sport era ancora dilettantismo allo stato puro: ci si allena sì, ma lo sport è parte della vita, non la ragione di essa. Le golfiste americane dello SWIM giocano a golf tutti i giorni dell’anno e si allenano in palestra quando non giocano. Ciò nonostante ogni tanto riusciamo a batterle!».
Oltre al golf lei ha portato avanti un lavoro, una famiglia, importanti attività benefiche. Come è stato possibile conciliare tutto questo?
«È stato facile proprio perché durante gli anni nei quali i miei figli erano piccoli il golf è rimasto un passatempo secondario e perché, anche se ne è una parte molto importante che mi dà grandi soddisfazioni e grandi gioie, il golf è sempre rimasto una parte della mia vita, non il centro di essa. Di volta in volta la concentrazione va a quello che sto facendo, se lavoro per la mia associazione benefica (www.associazionevimala.org) dimentico il golf, se partecipo a una gara di golf penso solo a quello. Naturalmente i miei figli ci sono sempre, ma dato che anche loro sono ottimi golfisti, sono un motivo in più per amare questo sport».
Che cosa vede nel suo futuro di golfista e cosa ancora si attende da uno sport cui ha dedicato negli anni tutta la sua passione?
«Spero di poter giocare per tanti anni ancora, sia perché mi piace, sia perché sono pigra e passeggiare mi annoia, quindi 18 buche di golf sono un ottimo esercizio fisico. Spero di vivere abbastanza per diventare come un mio amico socio di Lugano, 94 anni, che gioca tutti i giorni, è diritto come un fuso, ancora spiritoso e lucido come 20 anni fa quando l’ho conosciuto. Spero di riuscire a giocare la mia età, cosa che è sempre stata il sogno di mio padre che non ci è mai riuscito. Mio fratello lo faceva regolarmente e io ci sto provando con impegno! Spero di imparare ancora tante cose dal golf che, come diceva un po’ provocatoriamente una mia amica, è la sua religione. Imparare ad accettare i colpi sbagliati, a fidarmi delle decisioni che prendo e ad accettarne le conseguenze senza recriminare, a mettermi alle spalle un colpo sbagliato e dimenticarlo, a gioire di un colpo giusto senza pensare di “aver capito tutto”. Assomiglia molto a come si dovrebbe vivere la vita, non trova?».