Elia Riva ha 21 anni, gioca nell’Hockey Club Lugano ed è un difensore. Nei suoi occhi leggi la voglia di arrivare in alto, ma ci vedi anche l’umiltà di chi sa bene che la strada da fare è ancora lunga. Un bell’esempio da seguire per le giovanissime leve.

Che tipo di giocatore sei?

«Mi potrei definire un “difensore offensivo”, un giocatore al quale piace pattinare, toccare con frequenza il disco, tirare in porta e, nel limite del possibile, provare a segnare. Non essendo altissimo e nemmeno pesante quanto altri miei colleghi, cerco di sfruttare la velocità in modo da anticipare le mosse degli avversari e farmi trovare sempre al posto giusto al momento giusto. Porto in pista tutta l’energia possibile, sfruttando quelle che ritengo le mie caratteristiche migliori. Ogni cambio è una sfida da vincere. Mi hanno insegnato che quando si sta sul ghiaccio occorre la massima disciplina e attenzione ed è un consiglio che porto con me ogni volta che scendo in pista, sia per un allenamento che per una partita. L’attitudine deve sempre essere la stessa».

Cosa significa la parola “squadra” per Elia Riva?

«L’hockey è uno sport collettivo ed è solo attraverso la compattezza del gruppo che si ottengono i risultati. È chiaro che poter disporre di compagni in grado di proporre la giocata decisiva in un momento difficile oppure di segnare 30 reti rappresenta un atout non indifferente, ma le squadre che vincono sono quelle che dimostrano durante tutto l’anno coesione e solidità».

Che consigli daresti a un ragazzino che sogna di arrivare un giorno in prima squadra?

«Gli direi di ascoltare sempre chi ne sa di più di lui, di prestare la massima attenzione durante gli allenamenti, di scendere in pista concentrato e con le idee in chiaro. Gli direi di credere in se stesso e di non pensare che si tratti di un sogno irrealizzabile: con il lavoro, la costanza e anche con tanto sacrificio, i risultati arriveranno. La prima squadra non deve però essere un assillo, nel senso che arrivarci non deve diventare un peso: io, ad esempio, ho sempre lavorato in funzione di giocare un giorno con i “grandi”, ma restando tranquillo e senza mettermi inutili pressioni addosso. Non è sempre facile gestire determinate situazioni, ma grazie anche al supporto della famiglia è possibile farcela. Quindi: forza e coraggio! E non dimenticatevi mai di divertirvi!».


Alessandro Luisoni, giovane promessa dell’hockey

Come e perché hai scelto l’hockey su ghiaccio?

«Tutta la mia famiglia ha una vera e propria passione per questo sport, che abbiamo sempre seguito. Durante le vacanze che facevamo in Leventina, andavo spesso a pattinare alla pista di Faido e mi sono sempre più avvicinato all’hockey. Così, all’età di 7 anni ho chiesto ai miei genitori di iscrivermi alla Scuola Hockey. Con i pattini ai piedi mi sento a mio agio, mi piace la velocità, tirare e il contatto fisico. È uno sport completo».

È l’unico sport che pratichi? Quanto è importante praticare una disciplina sportiva?

«Fino all’età di 10 anni giocavo anche a calcio, ma poi ho dovuto fare una scelta: portare avanti entrambi era impossibile, considerando soprattutto l’impegno che richiede l’hockey su ghiaccio. È stata anche una scelta dovuta al piacere: preferisco l’hockey. Praticare uno sport è molto importante per più motivi: prima di tutto, per la salute, ma anche perché ti permette di distrarti e passare del tempo con amici che conosco ormai da diversi anni. Nelle pause, quando non gioco hockey, corro, vado in bici e faccio delle escursioni».

Quali obiettivi ti poni a breve scadenza? E dove ti vedi, come sportivo, tra 7-8 anni? Il sogno del professionismo c’è?

«Lo sport è importante, ma lo è soprattutto lo studio: il mio obiettivo è quindi quello di proseguire con l’hockey, ma anche di dare la giusta priorità alla scuola e di imparare un mestiere che mi permetta di rimanere nell’ambito dello sport. Il sogno del professionismo? Sognare non costa nulla, ma rimango con i pattini ben piantati sul ghiaccio».


La versione completa di questo articolo la potrete trovare all’interno dell’edizione cartacea di Ticino Welcome oppure su Issu a pagina 206