Se non l’avessi conosciuta, mi sarebbe mancata. Quando le ho telefonato per chiederle un’intervista ho dovuto convincerla, anche perché il momento non era dei più adatti… eppure lei con grande spontaneità mi ha sussurrato: iniziamo a berci un caffè con una fetta di torta e poi vediamo…

Possiamo darci del tu se vuoi, mi sembra che abbiamo all’incirca la stessa età…

«Io ne ho più di trenta e meno di quaranta, forse un po’ più vicino ai quaranta (ride divertita).

Mi rendo conto di quanto sia doloroso ripensare a tua sorella, ma siete così simili, immagino avevate un legame molto intenso…

«Eravamo molto unite, penso sia difficile trovare un legame così stretto. Di lei ricordo i viaggi, abbiamo fatto dei viaggi magnifici, in Uzbekistan, in Islanda, nel Laos, in Cambogia, siamo state anche in Siria e in Libano. Eravamo mia sorella Fiona, mia sorella Gemma – più piccola di tre anni – ed io.  In ogni viaggio ci succedeva qualcosa di divertente, in Siria ad esempio pensavano fossimo parenti di una potente famiglia, gli Al-Beek, quindi ci trattavano come regine (le si illuminano gli occhi). Poi siamo state assunte dalla Cunard  (Queen Mary e Queen Elizabeth) e abbiamo avuto la fortuna di fare concerti sulle crociere e di aver visto tanti paesi interessanti».

Parli italiano senza nessun accento, che origini ha il cognome Albek?

«Danese, però mio papà è ticinese, capelli scuri e occhi marroni. Io sono nata a Lugano e ho sempre vissuto qui a Montagnola».

Mi immaginavo una storia più esotica (ridiamo)…

«No, purtroppo no (ride). I capelli biondi e gli occhi azzurri li ho ereditati da mia mamma, per metà è svizzero-tedesca, di Interlaken».

Mi hai detto che nessuno in famiglia suonava uno strumento eppure sia tu sia tua sorella avete iniziato prestissimo con la musica…

«I miei genitori adorano l’Opera, ricordo ancora la prima volta che mi ci hanno portato (aria sognante) siamo andati a vedere Così fan tutte. Avevo quattro anni ed ero vicino a Fiona, dovevamo restare in completo silenzio ed io avevo paura anche di respirare. Quando è iniziata… mi sono innamorata della musica. Pochi mesi dopo Fiona ha iniziato a suonare la chitarra, poi è passata al piano, io il violino e non l’ho più lasciato».

Pensi sia un dono, un talento innato? So che senza violino non potresti vivere…

«(Riflessiva). Più che ad un dono mi piace pensare sia pura passione. Quando suoni ci sono giorni difficili, momenti di crisi, vorresti smettere, ma non ce la fai. Quando suono mi sento libera, felice, come se fossi in un altro mondo. Dopo la morte di Fiona mi sono chiesta più volte cosa fare, in fondo ero abituata a suonare con lei, eravamo una coppia in perfetta sintonia, suonavamo assieme da una vita e ci bastava uno sguardo per capirci; eppure, malgrado il dolore immenso, non ho mai smesso di suonare, ho continuato a fare musica. Dopo la scomparsa di Fiona ho ripreso lentamente a suonare con altri grandi musicisti, faccio musica da camera con la mia viola, è importante esibirsi con altri artisti perché ogni brano va interpretato, vissuto, devi riuscire ad entrare in sintonia con gli altri e questo richiede grande concentrazione. Non ti nascondo che ora sto vivendo un momento molto difficile, sono in pausa concerti e devo seriamente ripensare a cosa farò, devo ricostruire tutto… (Silenzio). E’ difficile per gli altri capirlo, ma l’unione con mia sorella era molto particolare. Siamo state assieme da sempre, da prima della nascita al primo giorno di scuola, ai vari diplomi. Ora devo imparare a gestire anche questo aspetto della mia vita».

Si vive anche di ricordi…

«Sì, però quante persone vivono solo del ricordo e non vivono del presente? Io vorrei  cercare di reagire anche in onore di Fiona che, nonostante le sofferenze, era sempre grata alla vita. Non ho ancora fatto un concerto con il violino, perché mi ricorda troppo Fiona; ma lo riprenderò non appena ne avrò la forza».

Avete studiato al Conservatorio di Lugano, a Zurigo, poi avete fatto il vostro Master per musica da camera a Imola, insomma una vita da vagabonde, come avete fatto con la famiglia, gli amici…

«La famiglia ci è sempre stata accanto. Mentre gli amici… li vedo come una brezza, ne ho molti, sparsi in tutto il modo».

Ma come fai a rigenerarti tra concerti, viaggi, prove e allenamenti…

«Mi basta stare nel mio giardino, tra i mei fiori e le mie arnie, ne ho dodici…(Stupita). E’ incominciato tutto per caso, ho dato delle lezioni gratis ad una mia allieva e suo papà voleva darmi in cambio qualcosa, mi ha chiesto se volessi un arnia… ed io ho risposto di sì e ne sono felicissima, anche perché passo ore con le mie api e produco anche un ottimo miele.(Soddisfatta)».

E trovi anche il tempo per la ricerca, so che stai studiando l’impatto del suono sulle persone…

«È uno studio che sto facendo con un gruppo di amici musicisti e compositori, coi quali faccio improvvisazione: un mondo totalmente nuovo per me abituata alla musica classica.(Riflessiva)».

Mi hai detto che adori stare in silenzio e non ti piace ascoltare la musica di sottofondo, perché la musica va vissuta, apprezzata. Non voglio immaginare quante ore ti alleni al giorno…

«Un musicista è come un atleta: deve allenarsi sempre. Attualmente suono quattro ore al giorno. Con Fiona le cose erano un po’ diverse… lavoravamo assieme tutto il giorno, stavamo delle ore a cercare la perfetta intonazione. Lei era molto precisa, delle due era lei ad avere l’orecchio assoluto, le bastava sentire una nota per riconoscerla».

Musicista, ricercatrice, prima hai accennato anche a delle lezioni, ti piace insegnare? 

«Devo dire che in questi ultimi anni ho soprattutto suonato. Per quello che riguarda l’insegnamento provo un rapporto amore-odio. Mi piace insegnare, ma quello che mi irrita è che c’è spesso poca dedizione e passione. I genitori chiedono ai figli di fare mille cose e i bambini non hanno più il tempo di dedicarsi ad uno strumento. Chi vuole suonare deve farlo con grande amore, non può e non deve essere un obbligo».

E chi volesse vivere di musica perché come te non può vivere senza? 

«Non è evidente vivere di concerti, bisogna allenarsi moltissimo e continuare a spostarsi. Poi, come in tutti i lavori, bisogna metterci tanto amore, abilità, fortuna e non smetterò mai di dirlo: passione. Sacrifici da fare ce ne sono molti, ma tutti vengono ricompensati».

Quando sei sul palco cosa succede?

«Sono sempre emozionatissima e sento ancora le farfalle allo stomaco. Poi inizia il concerto… faccio un grande respiro e tutto diventa una fiaba».

Ma ai tuoi livelli si sbaglia? I grandi musicisti sbagliano?

«Sì, capita, capita, ma bisogna andare avanti. L’educazione musicale è molto severa, guai se fai un errore. Un ballerino può sbagliare, un attore può sbagliare, ma nella musica classica no, perché lo sentono tutti. Invece non dovrebbe essere così, dovrebbe essere una gioia, un piacere e soprattutto gli insegnanti non dovrebbero mettere tanta pressione sugli allievi».

Hai avuto insegnanti severi?

«Sì, anche Fiona era molto severa, poi però è cambiata (sorride), abbiamo lavorato tanto su questo aspetto e negli ultimi anni quando ci capitava di sbagliare… ridevamo. Devo anche dire che ultimamente sbagliavamo poco, eravamo serene, e se non hai paura dell’errore, molto spesso, l’errore non lo fai…».

Non hai mai pensato ad avere una famiglia tua, dei bambini…

«No, non fraintendermi, ma non mi vedo con una famiglia. Mia sorella, la più piccola, ha una figlia che io adoro, ma dopo cinque minuti che la tengo in braccio non so più come gestirla. Riconosco che essere genitori è molto impegnativo e complesso. La verità ora è che tutto si è fermato, non so esattamente cosa voglio, so che non smetterò di suonare, ma dentro di me c’è una spaccatura, una crepa che a poco a poco dovrò risaldare. Purtroppo sembra essere un processo molto lento. (Silenzio)».

Ti voglio fare un’ultima domanda perché Ambra è un nome che ti si addice particolarmente, come mai i tuoi genitori lo hanno scelto? 

«Mia mamma non sapeva di avere gemelle e in famiglia non ci sono altri casi di gemelli. Nell’ecografia iniziale avevano visto una figlia e avevano scelto di chiamarla Fiona Ambra, Ambra come secondo nome. Al momento del parto arriva Fiona, tutti i medici e personale si occupano di lei, poi  ad un certo punto c’è un’infermiera che guarda e grida: “Dottore ce n’è un’altra, ce n’è un’altra”, panico totale. Allora i miei genitori, invece di cercare un altro nome, lo hanno spezzato: Fiona e Ambra. Poi la vita ha voluto che ha metà percorso una delle due se ne andasse… e tu inizi a farti delle domande che prima non ti facevi, rivedi le cose sotto un altro aspetto. (Prendiamo un secondo caffè). Prima non avevo paura di morire, ma ora, dopo aver visto mia sorella così sofferente dovrò fare un lavoro su me stessa. La cosa più importante resta però il tempo che siamo state assieme, fino alla fine. L’ultimo giorno di vita le ho portato i cani in ospedale, era felicissima, la mia famiglia ed io le siamo state vicine fino all’ultimo sospiro. Non ha molto senso la vita senza questo, tu puoi impegnarti, in tutti gli ambiti, avere potere, diventare famoso, ma poi la cosa più importante resta il tuo amore, l’amore che dai e che ricevi, anche perché non porti niente con te, ma l’amore resta, per sempre».