Frutto di una straordinaria collaborazione con il Museo di Arte Contemporanea di Zagabria, dove sono conservati l’archivio e la biblioteca dell’artista, e con AnjaPicelj Kosak, figlia dell’artista che ha seguito con appassionata partecipazione l’intero progetto curatoriale ed espositivo, si tratta di una imperdibile occasione per rileggere il movimento internazionale di Nove Tendencije, questo il nome originale croato di Nuove Tendenze, di cui Picelj fu protagonista e fondatore. Nuove Tendenze nacque infatti a Zagabria, Croazia (allora Jugoslavia) nel 1961. Fu in quell’anno che, presso il Museo di Arte Contemporanea, si tenne la prima mostra dove si riunì una compagine di artisti e critici provenienti da tutto il mondo: dai gruppi ZERO e GRAV, ai gruppi N e T. Oltre a ripercorre il ruolo straordinario svolto di Picelj nell’ambito delle Neoavanguardie artistiche degli anni ’60 e ’70, la mostra di Lugano vuole anche mettere a confronto la sua ricerca con quella di alcuni artisti che parteciparono alle diverse edizioni di Nuove Tendenze. Saranno esposti in galleria i lavori di Otto Piene e Heinz Mack del Gruppo Zero di Düsseldorf: del primo, che fu presente a tutte le edizioni dal 1961 al 1969, una Pittura di fuoco datata 1964; di Mack sarà esposto un Lichtrelief, vibratile alluminio piegato e lavorato a creare ritmiche ondulazioni di luce. L’opera di Mack si allinea molto a quelle di Nuove Tendenze: l’artista prese parte alle edizioni jugoslave del 1961, 1963, 1969, oltre che a quella del 1964 a Leverkusen.  Nello stesso anno, a Parigi, Walter Leblanc fu tra gli invitati a Nouvelle Tendance. Propositions visuelles du mouvement international, una presentazione di Nuove Tendenze tenutasi al Palais du Louvre e al Musée des arts decoratifs. Il suo MobiloStatique LB 36, del 1962, è un’opera che gioca con lo sguardo dello spettatore, scuotendone la percezione nell’apparente virtuale motilità dei rossi e dei blu, colori amati anche da Picelj nella sua CTS-1 del 1966, realizzata con una modulazione di metalli smaltati di altissima perfezione formale.  Nella mostra di Lugano Mercuriale del 1970 di Grazia Varisco racconterà il ruolo di una delle poche figure femminili di Nuove Tendenze, alla cui ultima edizione del 1973, partecipò anche Jesús-Rafael Soto, con due lavori e un ambiente vibratile cui risponde l’opera Escritura del 1973 esposta da Cortesi, una tessitura densa e vivace che perfettamente rappresenta il linguaggio dell’artista venezuelano. Infine, una presenza importante è quella di Paolo Scheggi, con un’opera del 1962 intitolata Per una situazione: amico, oltre che collega, di Ivan Picelj, con il quale a lungo dialogò sulla possibilità di ampliare l’operatività culturale del movimento, come dimostrano gli scatti che li ritraggono insieme nel 1969, in occasione della quarta edizione di New Tendencies, pubblicati sul ricco catalogo edito da Mousse, completo di numerose fotografie d’epoca, documenti e manifesti, molti dei quali inediti. Dai pannelli lignei finemente lavorati a ottenere rilievi vibranti, alle cangianti trame dei metalli, ottone e argento, realizzati nei primissimi anni ’60. Dalle indagini optical delle opere della metà degli anni ’60, ai moduli di metallo dipinti, dai ritmi cesellati del metallo lasciato puro, o al massimo giocato tra rilucenza e assorbenza del nero, delle opere dei primi anni ’70, le opere di Picelj sono parte delle collezioni dei maggiori musei internazionali, dal MoMA di New York al Victoria & Albert Museum di Londra. All’artista mancava ancora un vero riconoscimento da parte del mercato, vuoto al quale Cortesi Gallery ha voluto rispondere con questa importante mostra luganese.  

A Londra, la mostra Checkmate riunisce lavori di Alberto Biasi, Alighiero Boetti, Agostino Bonalumi, Enrico Castellani, Tony Cragg, Piero Dorazio, Tano Festa, Joseph Kosuth, Heinz Mack, Giulio Paolini, Jesús-Rafael Soto, Grazia Varisco. L’esposizione suggerisce un percorso di lettura critica attraverso l’idea che l’opera d’arte sia il luogo per antonomasia dello spiazzamento visivo e concettuale, non solo in quanto è capace di sorprendere le aspettative del pubblico, con la provocazione insita nelle sue forme, ma anche perché sa creare cortocircuiti tra elementi differenti, facendone emergere nuove letture che affrontano i fondamenti del tempo, dello spazio, del linguaggio.  La mostra, sin dal titolo, si offre a diverse chiavi interpretative: dall’immagine della scacchiera come griglia ragionata con la quale l’artista organizza il fluire dell’intuizione in un sistema di linguaggio, a “una tavola da gioco” dove intrecciare strategie e confrontarsi con gli spettatori. Checkmate propone relazioni sia tra opere realizzate tra fine anni ’50 e anni ’70, che appartenenti al periodo attuale. E’ infatti da due lavori recenti, Zeusi e Parrasio del 2003 e Points of view del 2007, rispettivamente firmate da Giulio Paolini e Tony Cragg, poste in una ideale diagonale visiva nello spazio della galleria, che si avvia il percorso espositivo. Entrambi i lavori interrogano lo spettatore sul mistero dell’opera, come suggerisce Giulio Paolini a proposito della sua lirica e metafisica installazione, della quale una seconda versione è conservata al Castello di Rivoli: «L’autore, rivale di se stesso, di fronte al primato dell’opera […] si dissolve, l’opera resta in attesa dell’immagine». Di questa attesa si fa testimone anche Point of view di Tony Cragg, realizzata nel 2007, che idealmente guarda a Giulio Paolini: lo spettatore vi trova, e perde, profili di volti, in un alternarsi di presenze e assenze di volumi.  

Su questa ambiguità si articola la partita giocata alla Cortesi Gallery: dal lavoro di Joseph Kosuth, Art as idea as idea (1967), a Uno, cento, mille (1979) di Alighiero Boetti, un alfabeto negato a colpi di penna a sfera blu, dove uniche sopravvissute sono le virgole sulla scacchiera del non detto e delle intuizioni. Vi risponde Orizzonte+piramide, paesaggio metafisico di Heinz Mack del 1972, dove stagliato su un campo di alluminio, un orizzonte è indicato dal vertice di una piramide a sua volta definita da un orizzonte, in un gioco concettuale di richiami.  Ribattono opere appartenenti alla grande stagione sperimentale post-spazialista e cinetico-programmata: la Superficie (1987) di Enrico Castellani, tra addensamenti e annegamenti di luce e ombre; le forme estroflesse e disegnate sulla tela dell’opera del 1967 di Agostino Bonalumi; le tensioni lamellari di Alberto Biasi, che si muovono lungo una ruota di diagonali ritorte (1962-1966); la pittura reticolare di Piero Dorazio, intitolata Piccola premura (1962-1963), un gioco tra arancione e blu, in tutte le sue sfumature. E la scacchiera di alluminio vibratile di Jesús Rafael Soto che confligge con un campo rosso, tautologicamente intitolata Purpura y plata del 1969.  Infine, I rossi e blu della tenda aperta sul Particolare della finestra di Tano Festa del 1965 rimettono in gioco il percorso espositivo, chiedendo al pubblico di crearsi da sé, in nome di una libera invenzione delle regole della partita, il viaggio nei linguaggi del visivo, liberamente componendo e scomponendo la propria visione estetica, offrendogli quegli strumenti del comunicare, e dell’interpretare, l’opera d’arte. Il percorso espositivo, accompagnato da una pubblicazione inedita, consegna al pubblico la possibilità di ripartire con il gioco, inventando nuove possibilità nella partita tra sguardo, emozione, relazione, attraverso le tre Tavole magnetiche di Grazia Varisco, create tra la fine degli anni ’50 e la soglia degli anni ’60.