Cominciamo a parlare di diplomazia culturale, partendo da un evento: il prossimo 21 settembre lei sarà ospite al Parlamento europeo a Bruxelles per la conferenza di chiusura della COST Action “Underground4value”, alla quale rappresenterà la Svizzera in qualità di membro del Comitato direttivo. Che cosa significa partecipare a un simile evento?

«Sicuramente sarà una giornata speciale che vedrà riuniti anche alcuni membri del Parlamento UE, rappresentanti della Commissione europea e di altre istituzioni internazionali ed esperti di beni culturali. Quando nel 2021 il Fondo nazionale svizzero mi designò membro elvetico del comitato di questa azione COST (European Cooperation in Science and Technology), speravo di poter aver la possibilità di convincere i colleghi rappresentanti degli altri Stati a realizzare uno degli incontri scientifici nel nostro Paese. Lo scorso settembre siamo riusciti, a presentare il caso delle nevere sul Monte Generoso al convegno tenutosi nel 2022 al campus della SUPSI di Mendrisio, grazie alla sinergia fra l’associazione dei Borghi più belli della Svizzera con altri soggetti ed entità locali, come l’OTR Mendrisiotto e Basso Ceresio e il Museo Etnografico della Valle di Muggio. È stata una bella vetrina del nostro territorio, e in particolare per il Sottoceneri, con esperti da oltre 30 paesi che si sono ritrovati qui in Ticino. In questi convegni scientifici c’è anche l’aspetto della convivialità che gioca un ruolo importante nell’instaurare delle proficue relazioni con i colleghi di altre nazioni, da cui poi possono nascere ulteriori progetti. Ciò vale pure nel caso degli incontri con le differenti associazioni della Federazione “Les Plus Beaux Villages de la Terre”: ricordo ancora una piacevole conversazione, riguardante le relazioni storiche fra la Confederazione e Vaduz, durante un pranzo con Daniel Risch, l’attuale primo ministro del principato del Liechtenstein, a Triesenberg, in occasione della visita dello spagnolo Francisco Mestre, all’epoca presidente di turno della Federazione».

Dunque potremmo parlare di una “diplomazia culturale” fra Svizzera e Paesi europei, ma anche fra le regioni della Confederazione, che spesso non si conoscono così bene…

«Certamente in questo senso sono stato felice di vedere gli esiti positivi avuti dal romanzo Il nero Schumacher, di cui ho curato storicamente la traduzione con l’aggiunta di una mia appendice sulle secolari relazioni fra Zugo e il Ticino, pubblicato appositamente nel 600° anniversario dalla battaglia di Arbedo. La presentazione del libro, ricordata anche nel discorso del presidente della Confederazione in concomitanza con i festeggiamenti per la commemorazione dello scontro bellico, ha in effetti portato all’instaurarsi di ottime relazioni proprio fra la Bürgergemeinde di Zugo e il Comune di Arbedo-Castione. È davvero fonte di soddisfazione pensare che tutto ciò abbia potuto prendere forma da un semplice libro».

La scorsa primavera lei è stato invitato in Vaticano alla serata svizzera organizzata per la prima volta nel cortile di San Damaso in occasione dei festeggiamenti dell’apertura dell’Ambasciata della Confederazione presso la Santa Sede. Possiamo parlare di “soft power” della cultura?

«È stato un momento storico, considerando che le relazioni fra il Vaticano e Berna non sono sempre state semplici, in particolare nel XIX secolo. La mia presenza era legata a due miei libri. Il primo, Il nero Schumacher, venne infatti scritto da Joseph Spillmann che apparteneva per vocazione ai gesuiti, ossia il medesimo ordine del Santo Padre. Il secondo volume, che ho consegnato sempre quella sera al colonnello Christoph Graf, illustra il villaggio di Ernen, concentrandosi sulla storia del piccolo borgo, nel 500° anniversario dalla morte del Cardinal Schiner. Quest’ultimo fu una figura controversa, ma allo stesso tempo fondamentale per la storia elvetica del XVI secolo».