Norbert Zimmemann, cosa l’ha spinta a dedicarsi alla filantropia e quali valori guidano le sue scelte?

«Nella mia vita sono stato molto fortunato. Da bambino ho imparato il principio della condivisione in famiglia. Ora ho il privilegio di condividere il successo economico. Tra i miei valori c’è un senso della giustizia molto radicato». 

Come si definirebbe come persona, come industriale, come filantropo?

«Invecchiando, sono diventato più lungimirante e più rilassato. Sono sempre rimasto con i piedi per terra. Come imprenditore, sono guidato dalla curiosità e dalla gioia di creare e innovare. Filantropo è una parola troppo grande per me, ci sto ancora lavorando».

Dove è nato e dove vive?

«Sono nato a Bludenz e cresciuto nel Vorarlberg.  Mi sono trasferito a Vienna per studiare e ancora oggi vivo principalmente in questa città».

In che modo la sua storia personale ha plasmato le sue convinzioni filantropiche e quando ha capito di essere interessato all’arte e alla filantropia?

«Sono cresciuto in una famiglia semplice ma con solidi princìpi. I miei genitori hanno dato a me e a mio fratello il capitale più importante per la vita: una buona base valoriale e sociale e, soprattutto, una buona educazione. Gli anni di formazione professionale e i viaggi dopo aver completato gli studi di economia mi hanno preparato bene per una carriera nel mondo degli affari. Nel 1988, dopo una riorganizzazione di successo, si presentò l’opportunità di rilevare l’azienda Berndorf, allora nazionalizzata, attraverso un management buy-out. Ai top manager e, un anno dopo, a tutti i dipendenti fu data la possibilità di investire il proprio denaro. Per molto tempo l’arte è stata un lusso per me, e un successo economico sostenibile era la premessa per potermi impegnare in filantropia».

Quando ripensa alla sua infanzia, c’è un luogo o un evento insolito che ha avuto un’influenza decisiva sulla sua vita?

«Quando avevo 14 anni ho passato l’estate lavorando in una fattoria a Vaduz. Questa esperienza mi ha aperto gli occhi in molti modi. Soprattutto il consiglio di una signora molto colta, alla quale consegnavo il latte ogni giorno, di essere ambizioso e di apprendere molto, ha avuto un influsso duraturo su di me».

In gioventù ha avuto un mentore o un modello di riferimento la cui influenza si riflette nel suo approccio di oggi alla filantropia?

«Il mio mentore è sempre stato mio fratello maggiore, che si è impegnato per la società civile sin dalla prima gioventù partecipando ad attività di associazioni non profit. Come filantropo, mi ha colpito quello che ha fatto in Austria H.P. Haselsteiner, che è un imprenditore di straordinario successo e allo stesso tempo contribuisce con le sue attività filantropiche in modo significativo al benessere della società civile».

Quando e perché ha istituito la Fondazione Berndorf?

«La fondazione è stata istituita nel 2003 e rinominata Fondazione privata Berndorf nel 2008. In origine, l’idea era che i dividendi provenienti dal 24% del capitale sociale fossero utilizzati principalmente in ambito aziendale e per promuovere lo spirito imprenditoriale di tutti i dipendenti, senza scopo di lucro».

Come viene finanziata la fondazione e in quali settori siete particolarmente impegnati?

«La fondazione è finanziata esclusivamente dai dividendi distribuiti dalle partecipazioni societarie di Berndorf. Ci concentriamo su temi sociali in ambito aziendale, sull’istruzione, sulla cultura e sulla promozione dell’imprenditorialità. Nel settore dell’istruzione, da cinque anni opera la Mega Education Foundation, che abbiamo istituito come partner minore insieme alla fondazione austriaca B&C Foundation»

Come sceglie i progetti o le iniziative da sostenere e può citare alcuni progetti o iniziative di successo sostenuti dalla Fondazione Berndorf?

«La selezione dei progetti è di competenza del Consiglio di amministrazione della Fondazione. Probabilmente i progetti più noti sono nel campo dell’istruzione e sono gestiti dalla MEGA Education Foundation. In questa sede, le ONG del settore dell’istruzione vengono sostenute con importi consistenti. La selezione viene effettuata tramite un invito annuale a presentare proposte e da una giuria molto competente».

C’è un progetto specifico di cui è particolarmente orgoglioso? Perché?

«L’istituzione della Mega Education Foundation, avvenuta cinque anni fa. In questo breve lasso di tempo la Fondazione si è sviluppata fino a diventare un’organizzazione rispettata e competente nel campo dell’istruzione. La particolarità è che si tratta di una joint venture che ancora oggi combina in modo molto efficiente le forze di due partner con gli stessi interessi. La cooperazione con altre fondazioni erogative fa ormai parte del modus operandi della Fondazione privata Berndorf». 

Quali progetti sostenete in università e istituti di formazione?

«Nel caso delle università, siamo specificamente interessati a sostenere progetti di ricerca. Ad esempio, ci sono due progetti dell’Università di Risorse Naturali e Scienze della Vita di Vienna, entrambi promossi dall’Istituto di Fisica e Scienza dei Materiali. Un primo progetto nell’ambito della basic research (ricerca di base) affronta il tema dello studio delle strutture ossee, mentre l’altro progetto riguarda si occupa del trattamento superficiale dei materiali in acciaio inossidabile. Ci sono poi anche collaborazioni con altre università, soprattutto in ambito tecnico». 

Come si articola la collaborazione vera e propria?

«Si tratta di un investimento di denaro e di tempo. C’è uno scambio vivace tra gli scienziati e i nostri team di ricerca in azienda. Come membri del Consiglio della Fondazione, apprezziamo il fatto che di tanto in tanto ci vengano presentati i progressi e i risultati del lavoro. Questo approfondisce la comprensione e la fiducia reciproca». 

Quali esperienze avete avuto con le varie università e i loro comitati?

«La collaborazione con i singoli ricercatori funziona molto bene. Il contatto con gli organi direttivi delle università non è essenziale, perché gli istituti hanno sufficiente libertà nello stabilire partenariati. Un dato interessante è che più le università sono piccole e specializzate, meno la burocrazia ostacola le attività di ricerca». 

Nelle sue attività nel corso degli anni ci sono state sfide che ha dovuto superare e quali sono gli insegnamenti che ha tratto dal suo lavoro filantropico?

«Una sfida costante è la gestione coscienziosa del numero sempre crescente di richieste di contributo, così come il continuo accompagnamento dei beneficiari della Fondazione Privata Berndorf. Abbiamo dovuto imparare che il lavoro filantropico non è solo una questione di denaro, ma anche di tempo da investire nei progetti sostenuti.

In un altro ambito, la sfida più grande è stata la battaglia durata anni con i politici e i burocrati del nostro Paese per ottenere l’esenzione dall’imposta sulle plusvalenze per le donazioni a istituzioni educative in Austria. Quest’anno abbiamo vinto questa battaglia. Grazie a tutti coloro che hanno partecipato!».

Qual è la sua immagine ideale di una società equa?

«Tutti i membri di una società equa si impegnano al massimo per il bene della comunità e, in cambio, ricevono una quota parte adeguata della ricchezza prodotta. È fondamentale trovare un equilibrio tra l’assistenzialismo e la necessità di non svantaggiare quegli individui che, al momento, sono eccessivamente gravati dal sistema».