Seguiamo con Mauro Guerra un pensiero: chi non si è mai domandato, in questi tempi recenti, se i fenomeni che stiamo vivendo non siano governati da subbuglio e baraonda? Sembra quasi che dall’esplodere della pandemia, la velocità degli eventi abbia subito un’accelerazione senza precedenti, almeno in rapporto agli ultimi cento anni. La realtà che ci circonda ha acquisito una forma diversa, o forse, quella stessa forma l’ha definitivamente persa per assumere un’altra sembianza, diventare fluida e allo stesso tempo vertiginosa, in un susseguirsi di fatti sì, drammatici, ma anche ricorrenti, incontenibili e, in un certo qual modo, persistenti.
Prima la propagazione a macchia d’olio del Covid-19, un virus, un elemento di qualche decina di nanometri capace di bloccare e sconvolgere l’intero pianeta, con la conseguente interruzione delle catene di produzione e di distribuzione, il cui lavoro continuo era per tutti un fatto indiscutibile; infine, l’esacerbarsi di un’inflazione inedita negli ultimi quarant’anni. Il tutto si accompagna sempre più sovente a delle crisi finanziarie piccole e grandi e a disastri ambientali vieppiù violenti estesi a differenti aree del mondo. La guerra anacronistica e assurda, condotta per volontà del Presidente russo nella vicina Ucraina, sembra rappresentare la ciliegina sulla torta di uno sconquasso a cui abbiamo fatto l’abitudine, un dolce avvelenato servitoci sistematicamente da oramai qualche tempo. Come si chiama questo pasticcino amaro? Si chiama forse caos?
I greci lo indentificavano come spazio aperto, voragine, un abisso dove risiedono tenebrosità e oscurità, ma fu Esiodo nella Teogonia (VII sec a.C.) ad attribuire a Caos, una delle entità primigenie della mitologia, con Gea, Tartaro ed Eros, la personificazione dello stato di “vuoto”, il buio da cui sono emersi il cosmo, gli dèi e gli uomini. Qualche secolo più tardi, con Anassagora e Platone, il caos assume un significato più vicino a quello che conosciamo oggi di “disordine”.
I due filosofi antichi lo classificarono come il luogo della materia informe a cui la mente (Nous) seppe attingere per creare il mondo ordinato: il cosmo.
Anche la fisica quantistica pone il caos all’origine del cosmo. Si sarebbe trattato di un vuoto caratterizzato da fluttuazioni di energia, denominato Era di Planck (dal nome del fisico tedesco Max Plank), cioè i primi 10 alla -43 secondi precedenti l’espansione dell’universo, il cosiddetto Big bang che, secondo la scienza moderna, rimonterebbe a 13,8 miliardi di anni fa.
In epoche diverse gli approcci al caos cambiano, ma sembrano concordare su alcuni elementi: il vuoto, le tenebre, la materia informe e la variabilità energetica, una specie di precipizio prima dell’immersione in qualcosa di diverso e più nitido.
La matematica si è dimostrata austera nei confronti del caos e già a partire dalla fine dell’800, con il matematico e fisico francese Jules Henri Poincaré, si è cimentata nello studio dei fenomeni caotici, cioè nell’osservazione dei sistemi dinamici che esibiscono una sensibilità esponenziale rispetto alle condizioni iniziali. L’analisi matematica di queste manifestazioni si è concretizzata nel secolo successivo attraverso gli studi, fra gli altri, del matematico e meteorologo statunitense Edward Norton Lorenz, il quale, nel dopoguerra, ha elaborato la Teoria del caos. Quest’ultima, a tagliarla con l’accetta, si può ridurre al concetto di “effetto farfalla”.
Il battere delle ali di una farfalla, quindi un evento insignificante posto all’inizio di un processo, può influenzarne il corso in modo che le sue conseguenze cambino esponenzialmente nel tempo.
La Teoria del caos ha spalancato le porte di un mondo costellato da variabili solo all’apparenza causali. Infatti, almeno secondo la matematica, esse sono ben più prevedibili di quanto si possa pensare, perché governante da leggi deterministiche, come ci spiega Mauro Guerra, Direttore della Cassa Pensioni di Lugano, matematico e autore, nel 1985, all’Università di Zurigo, di una tesi di laurea intitolata Propagation of Chaos and non-linear diffusion processes (Propagazione del caos e processi di diffusione non lineari).
«In realtà, quella che sommariamente viene chiamata “Teoria del caos”, e che si fa giustamente risalire agli inizi degli anni ‘60, dovrebbe essere considerata piuttosto come “Definizione matematica di caos”. Quest’ultima è stata formulata dal matematico poliedrico e statistico polacco Mark Kac, attraverso un approccio matematico classico. È interessante osservare come in matematica il caos abbia un’accezione positiva, non negativa. Infatti, se inizialmente e a certe condizioni l’interazione fra particelle, ossia dei “disturbi” descritti attraverso funzioni matematiche, provochi fra queste la perdita della loro indipendenza iniziale, si nota come, con il passare del tempo e con l’aumento del numero di interazioni, si ristabilisca l’indipendenza. Si tratta di “qualcosa” di non intuitivo, forse addirittura apparentemente contraddittorio. In matematica, quindi, caos significa ristabilire l’indipendenza.
Negli anni ‘80, all’epoca dei miei studi in matematica all’Università di Zurigo, rimasi affascinato dalla stocastica (insieme di tecniche e teorie appartenenti al calcolo delle probabilità) e dal suo approccio innovativo. Proprio in quel periodo, all’interno della scuola zurighese, si percepiva un notevole fermento riguardo all’estensione di questo ramo della matematica. Vennero coinvolti matematici illustri provenienti da tutto il mondo e, in particolare, dalla scuola giapponese, come Kiyoshi Itō e Hiroshi Tanaka, precursori nei lavori sulla propagazione del caos attraverso un metodo probabilistico non per mezzo dell’analisi classica.
Sulla scia di quegli eventi mi fu assegnato il tema della tesi di laurea: la dimostrazione della congettura (in matematica si definisce congettura una conclusione o una proposizione formulata su base provvisoria, senza prove) del matematico americano Henry McKean del MIT, che, in collaborazione con Itō, aveva trattato la propagazione del caos, ma senza una dimostrazione rigorosa tipica della scuola giapponese. La dimostrazione è toccata a me, caricandomi di un lavoro di diploma particolarmente complesso e gravoso, ma che mi ha permesso di dare il mio apporto all’evoluzione della ricerca stocastica».
La cosiddetta “Teoria del caos” è stata applicata negli anni a moltissimi settori, dalla meteorologia alla finanza (nell’analisi dei rischi e non solo), passando per le scienze sociali. Lei però non ritiene che vi siano punti di contatto fra la matematica e le altre discipline, così come contesta il legame fra matematica e filosofia, è così?
«Io sono un formalista, ispirato alla scuola di Nicolas Bourbaki (eteronimo con cui, a partire dal 1935 e sostanzialmente fino al 1983, un gruppo di matematici di alto profilo, in maggioranza francesi, scrisse una serie di libri per l’esposizione sistematica di nozioni della matematica moderna avanzata ndr) e quindi per me la matematica è indipendente da qualsiasi relazione, estrazione derivante dal mondo fisico. Si tratta di un’impalcatura a sé stante, di un sistema chiuso che si autoalimenta. È il mondo fisico che attinge alla matematica, non il contrario. Un esempio in questo senso sono le scienze computazionali. Infatti, l’evoluzione dei grandi computer non ha determinato una rivoluzione della matematica, semmai è stata la matematica a determinare l’evoluzione delle scienze informatiche. Oggi, sono i matematici con le teorie più evolute a fornire i contributi di maggiore importanza all’intelligenza artificiale.
Per tornare al concetto di caos, si deve smettere di concepirlo nella sua rappresentazione filosofica, perché è sbagliata. Come ho spiegato in precedenza, la definizione di caos è ristabilire l’indipendenza, a certe condizioni, dopo un numero infinito di interazioni di particelle».
I fenomeni inquietanti e distruttivi a cui assistiamo da qualche anno, come la diffusione della pandemia, le catastrofi naturali, il riscaldamento globale, conflitti particolarmente violenti in molte zone del mondo, crolli finanziari e crisi economiche, spingono ad interrogarsi. Quale apporto può dare la matematica e, in particolare, la “Teoria del caos” nell’affrontare queste problematiche?
«In questo momento ci troviamo di fronte a moltissime variabili di diffusione non lineari, come appunto l’inquinamento, la crescita della popolazione mondiale, il Covid, ecc., che, ovviamente, interagiscono fra loro.
La domanda che ci si pone è la seguente: si riuscirà a ristabilire il caos, cioè l’indipendenza, il riordino? La matematica risponde in modo affermativo, poiché ad un certo punto tutti questi legami, queste interazioni di ragione sociale, politica, geografica e molto altro, tendenti all’infinito, verranno meno per ricostruire un’indipendenza e quindi una ristrutturazione, una condizione di partenza ottimale.
Le turbolenze che stiamo vivendo, soprattutto da un punto di vista ambientale, ci devono riportare a rivedere in maniera scientifica e non dogmatica i concetti di base della stessa economia, della finanza e del nostro modo di vivere. Non è una novità. Ne parlava già negli anni ‘70 il matematico ed economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen, uno dei precursori dell’idea di decrescita, il quale sosteneva che la crescita sostenibile è un ossimoro. A mio parere, questo tipo di studi e di approccio alla questione ecologica vanno riscoperti, così da interpretare meglio il mondo contemporaneo e trovare delle soluzioni.
Sono convinto che la matematica stia vivendo un nuovo Rinascimento, una fase innovativa in molti ambiti, un po’ come quella che ho potuto sperimentare in prima persona negli anni ‘90 nel mondo della finanza attraverso la gestione del rischio.
Le difficoltà già evidenziate più di cinquant’anni fa dal Club di Roma (associazione non governativa fondata nel 1968 e composta da scienziati, economisti, donne e uomini d’affari, attivisti dei diritti civili, alti dirigenti pubblici internazionali e capi di Stato di tutti e cinque i continenti. Il Club di Roma ha promosso il “Rapporto sui limiti dello sviluppo”, individuando i principali problemi che l’umanità si sarebbe trovata ad affrontare ndr), si stanno presentando con una magnitudo devastante, toccano il concetto stesso di crescita, di sostenibilità, anche quella legata agli investimenti e alle tecniche finanziarie. Per ora è stato fatto troppo poco in questo senso e ciò che esiste rimanda a dei modelli tradizionali che in molti casi sono costruiti ad arte per difendere lo statu quo.
Uno sviluppo sostanziale è quindi più che mai necessario per orientarsi nel domani, oltre a rappresentare una sfida stimolante soprattutto per le nuove generazioni. È importante comprendere che quanto sta avvenendo nel mondo, e in primo luogo, nell’ambito dell’emergenza climatica, dalle politiche promosse dai differenti governi, alle azioni degli attivisti per strada, è possibile declinarlo in teoria matematica. Evidentemente, da matematico, intendo e spero in una rinascita dello spirito rivoluzionario, in senso scientifico, che ha animato il Club di Roma.
Nel nostro piccolo, anche noi, alla Cassa Pensioni di Lugano, ci impegniamo attivamente per la sostenibilità legata agli investimenti, osservando e implementando la nostra politica secondo i criteri ESG (Environmental, Social and Governance). Si tratta di un primo passo, senza dimenticare il monito di Georgescu-Roegen!».
A questo proposito, rimandiamo al capitolo 7 del Rapporto di gestione della Cassa Pensioni di Lugano (CPdL) al link https://www.cpdl.ch/it/rapporto-di-gestione/rapporto%202022.