Il termine “Giubileo” deriva dall’ebraico “yobel”, il corno di montone che annunciava un periodo di perdono e rinascita. Istituito nel XIV secolo da papa Bonifacio VIII per offrire ai fedeli un’opportunità di penitenza e riconciliazione che trae le sue radici dal Libro del Levitico dell’Antico Testamento, si celebra ogni 50 anni e rappresenta un periodo di liberazione e restituzione dei beni. Nell’Anno Santo si interrompevano le attività agricole, si perdonavano i debiti e restituivano le terre ai legittimi proprietari, al fine di ristabilire una certa equità sociale ed evitare l’accumulo di beni da parte di pochi. Il Santo Padre ha scelto il titolo “Pellegrini della speranza” per invitarci a guardare al futuro con fiducia, a impegnarci per un mondo migliore. La speranza dunque può diventare il collegamento tra impegno etico e la filantropia.
Perché dunque i filantropi si possono considerare “Pellegrini della speranza”?
«Un “Pellegrino della speranza” è una persona che, attraverso atti di generosità e altruismo, porta luce e un positivo cambiamento nella vita delle persone più bisognose. All’origine della filantropia vi è molto spesso un cammino spirituale, un momento di trasformazione interiore che spinge personalità dalle storie più diverse a intraprendere il cammino del dono. Un filantropo è un “pellegrino della speranza” quando la sua forte spiritualità lo spinge a finanziare cause sociali, umanitarie, culturali. I filantropi agiscono in diversi modi: combattono povertà e malnutrizione, contribuiscono, rivitalizzando economie locali, a ridurre le disuguaglianze sociali, investono fra gli altri somme importanti per sensibilizzare per es. riguardo al cambiamento climatico in atto. Un imprenditore filantropo attivo per il clima è Alan M. Parker, che ha utilizzato i profitti della DFS Group Ltd., una catena di vendita al dettaglio duty-free, per istituire nel 1983 la OAK Foundation, una fondazione umanitaria con sede a Ginevra, che ha investito in diversi programmi ambientali. Si è impegnata per ridurre le emissioni di carbonio, promuovere energie rinnovabili e sostenere la conservazione della biodiversità. In India collabora con altre fondazioni locali per creare una rete filantropica per affrontare il cambiamento climatico».
Quando un’iniziativa filantropica trasforma una comunità, promuovendo resilienza e speranza per il futuro?
«Istituita nel 2008 da Renata Babini, la Fondazione Uriele porta speranza e miglioramenti nelle comunità vulnerabili, concentrandosi su progetti sociali, lotta alla povertà, educazione e supporto a donne e bambini in situazioni di bisogno, come creare un asilo nido e un ospedale di maternità in una comunità bisognosa. I progetti hanno anche offerto opportunità di istruzione e formazione per le donne».
Quali valori e principi, emersi dal concetto di Giubileo, possono guidare le scelte filantropiche degli individui?
«Occorre innanzitutto affrontare le cause profonde del disagio sociale, per poi costruire strutture e sistemi che portino equità e accesso per tutti a nuove opportunità. Ecco che allora la speranza si fa motore per mobilitare risorse e investimenti destinati a iniziative atte a migliorare le condizioni socio-economiche delle comunità più povere. La generosità, infatti, è il fulcro della filantropia, perché porta a donare non solo risorse materiali, ma anche tempo e attenzione per chi ne ha bisogno. Ne è un esempio la storia di Franca Pizzigalli. “Nel 2004 destinò infatti i soldi stanziati per un viaggio in Africa e il suo stipendio per un progetto sanitario in Burkina Faso, in memoria del nonno Battista. Allora 5 villaggi con 12mila abitanti contavano soltanto un unico Centro di Salute e Promozione Sociale, con una maternità non dotata di sala di ricovero, letti, farmacia e priva di illuminazione”. Il gesto ha dato vita al Progetto Battista, un’iniziativa portata avanti in collaborazione con una famiglia africana».
In che modo il tema del Giubileo “Pellegrini della speranza” può ispirare un rinnovato impegno nella filantropia individuale?
«L’idea di essere “pellegrini” presuppone un viaggio condiviso verso un obiettivo comune. Quando la filantropia è motivata da valori forti, promuove empatia e impegno verso gli individui più vulnerabili, sostenendo per esempio iniziative locali, con azioni che riflettono i valori del Giubileo. Spetta poi al mecenate promuovere iniziative adeguate. motivare gli stakeholder rilevanti sulle questioni sociali, alle quali ha deciso di dedicarsi, e investire in progetti a lungo termine, che promuovano lo sviluppo sostenibile e il miglioramento delle condizioni di vita per le generazioni future. I valori del Giubileo invitano anche alla riflessione personale sui propri valori e sulla missione di vita, e stimolano a un impegno filantropico sempre maggiore».
Quando secondo lei un filantropo diventa un modello che ispira altri a donare?
«Ciò avviene quando la sua generosità non è solo un atto di altruismo, ma il riflesso di una persona connessa con le sfide sociali della sua epoca. Un modello di generosità è dato da Ingvar Kamprad, il fondatore di IKEA. Attraverso la Stichting INGKA Foundation, Kamprad ha donato miliardi di euro per sostenere cause umanitarie, ambientali e culturali nel mondo. La sua filantropia ha ispirato molti altri a seguire il suo esempio e contribuire al bene comune. In questo modo Kamprad è diventato un moltiplicatore».
Quali sono le famiglie di filantropi legate in modo particolare alla Chiesa?
«Tra le molte, la famiglia Brenninkmeijer, attraverso fondazioni come Porticus e Laudes, che gestiscono oltre un miliardo di euro per scopi filantropici, fornisce ingenti donazioni anche ad organizzazioni vicine alla Chiesa Cattolica. I finanziamenti servono a supportare iniziative a sfondo sociale, allo sviluppo di infrastrutture religiose e scolastiche, oltre a progetti di sviluppo sostenibile atti a migliorare le condizioni di vita delle comunità. La famiglia fornisce anche supporto finanziario e logistico alle missioni cattoliche nel mondo.
Poi la famiglia Michelin, dove il presidente dell’azienda, François Michelin, l’ha guidata con una forte convinzione cattolica seguendo gli insegnamenti della Dottrina Sociale della Chiesa. Questo nucleo familiare ha sostenuto diverse iniziative sociali e progetti di sviluppo sostenibile, contribuendo al benessere di comunità locali e internazionali.
Da ultimo i von Liechtenstein, con fra gli altri membri della famiglia il principe Hans-Adam II e la principessa Marie artefici di numerose iniziative sociali e di progetti di sviluppo sostenibile in linea con i valori della Chiesa».
Quali sono le possibilità concrete che il Giubileo offre ai filantropi?
«I filantropi possono diventare “Pellegrini della speranza” promuovendo una filantropia che invece di sostenere solo progetti, rappresenti forme di cambiamento sistemico in una nuova alleanza fra filantropi, istituzioni pubbliche e attori della società civile, dove i mecenati possono mettere a disposizione capitali di rischi, sapere e le loro reti. È tempo però che il papa e gli altri leader spirituali si esprimano con precisione su questo tema, con un messaggio vero e proprio per le comunità filantropiche del mondo».
Quali sono le sfide che i filantropi devono affrontare nell’allineare le proprie iniziative al messaggio di speranza e riconciliazione del Giubileo?
«Per prima cosa occorre porsi traguardi chiari e misurabili, che riflettano principi come giustizia sociale e solidarietà, e cercare un equilibrio tra esigenze immediate e obiettivi a lungo termine. È fondamentale coinvolgere le comunità locali nella pianificazione e implementazione delle iniziative, cosa che richiede applicazione, tempo e la capacità di ascoltare voci diverse. Per garantire la sostenibilità delle iniziative è necessario infatti sviluppare modelli sostenibili anche dopo il finanziamento iniziale, attuando una collaborazione tra i diversi settori e affrontando le difficoltà che comportano le crisi e la resistenza di chi è abituato a un certo status quo.
Lo sta facendo la filantropa Ursula Kuhn, promuovendo lo sviluppo economico sostenibile nelle comunità rurali del Perù e della Bolivia attraverso la Fondazione Suyana, e offrendo formazione professionale, competenze imprenditoriali e creando economie locali che si auto sostengono. Queste sfide richiedono un approccio olistico, una visione a lungo termine e una forte volontà di collaborare con le comunità per costruire, in ossequio al messaggio del Giubileo, un futuro di speranza e riconciliazione».
Qual è il suo personale auspicio per il Giubileo?
«“La vulnerabilità è il luogo in cui nasce la creatività, l’innovazione e il cambiamento”. Questo assunto dell’attivista americana Casandra Brené Brown mi trova d’accordo, perché questo Giubileo della speranza ci invita a considerare la nostra vulnerabilità e a trasformarla in azione filantropica. Come scriveva Nelson Mandela: “La cosa più potente di cui abbiamo bisogno è il coraggio di agire”, perciò mi auguro che in questo Anno Santo la società civile mostri più coraggio e che questo coraggio si traduca in azioni concrete, trasformando la speranza in realtà».
Dr. Dr. Elisa Bortoluzzi Dubach, consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni, è docente presso varie università e istituti superiori in Svizzera e Italia e co-autrice fra gli altri de La relazione generosa – Guida alla collaborazione con filantropi e mecenati.