Gitti Hug, come descriverebbe il ruolo dell’arte e della filantropia nella società di oggi?

«Preferisco parlare del ruolo dell’arte e della filantropia nella società odierna non tanto in termini generali, quanto in relazione a me stessa. L’arte, per come la vivo io, intrattiene, riflette l’attualità, apre nuovi mondi e prospettive, rompe schemi di pensiero radicati e, in ultima analisi, si definisce in base a una visione si definisce in base ad un atteggiamento rispetto alla vita e alla capacità di affrontare la realtà sociale di oggi con mente aperta e tolleranza».

Quando ha capito che l’arte avrebbe avuto un ruolo centrale nella sua vita?

«L’arte è un linguaggio. Uno strumento di comunicazione che gli artisti usano per confrontarsi con il mondo di oggi, con le sue sensibilità e con lo zeitgeist della nostra epoca. A mio avviso, molti degli artisti di oggi sono anche talentuosi storici della contemporaneità, di cui ci offrono segni e immagini. Quando me ne sono resa conto, ho deciso che l’arte avrebbe avuto un ruolo nella mia vita».

La sua formazione ha influito sul suo coinvolgimento nelle arti e nella filantropia? 

«Penso che gli studi in Economia aziendale e in Legge non siano necessariamente i più consoni a sviluppare l’amore per l’arte e l’impegno filantropico. Vengo da una famiglia in cui l’arte ha avuto un ruolo importante. La tradizione filantropica vissuta nell’ambiente familiare e la precoce esperienza a contatto con la cultura sono stati certamente molto più importanti per far nascere in me l’interesse e la sensibilità nei confronti dell’arte».

Quali compiti sono particolarmente importanti per lei in relazione a queste tematiche?

«Il compito più importante della filantropia nel campo dell’arte è quello di sensibilizzare le persone per coinvolgerle nella promozione della cultura. L’arte non è un lusso, ma qualcosa che crea identità. Oltre alla passione, questo richiede innanzitutto l’instaurazione di un rapporto di fiducia con l’istituzione sostenuta. Il filantropo che lavora con un’istituzione pubblica deve identificarsi e avere fiducia nello spazio in cui si crea cultura».

In che modo il suo impegno a favore dell’arte ha cambiato la sua visione   del mondo?

«Lavorare con l’arte mi fa piacere, non è mai noioso, mi mantiene vitale e mi permette di rimanere aperta nei confronti di diversi modi di vedere e pensare. Quindi non si tratta tanto di cambiare il mio modo di vedere il mondo, quanto di arricchire questa visione grazie ai diversi approcci alla realtà che l’arte trasmette».

Lei è presidente della Vereinigung Zürcher Kunstfreunde (Amici dell’Arte di Zurigo): quando è stata fondata l’associazione, chi sono stati i fondatori e quali sono gli obiettivi che si pone?

«Nel 1917, in occasione della realizzazione di un’importante mostra di Ferdinand Hodler al Kunsthaus di Zurigo, ci si rese conto che mancavano del tutto i fondi per acquisizioni di opere d’arte significative, mentre altre collezioni d’arte pubbliche in Svizzera venivano fortemente promosse e sostenute finanziariamente da famiglie e singoli individui. Per rimediare a questa un gruppo di venti persone si riunì e fondò l’Associazione degli Amici dell’Arte di Zurigo. Pochi giorni dopo, secondo quanto si tramanda, era già stata raccolta una somma di oltre 200.000 franchi – Zurigo era un centro finanziario fiorente – e fu possibile acquistare le opere di Ferdinand Hodler per il Kunsthaus. Fra i membri fondatori c’era anche mio nonno, Adolf Hug-Schlaepfer.

Lo scopo della Vereinigung Zürcher Kunstfreunde è rimasto lo stesso fino ad oggi e consiste nel garantire sostegno finanziario e progettuale del Kunsthaus. Le quote annuali dell’associazione, che non sono trascurabili, vengono utilizzate per acquistare opere d’arte in accordo con il museo. Queste vengono messe a disposizione del Kunsthaus gratuitamente, come prestiti permanenti. Inoltre, vengono promossi scambi e contatti interdisciplinari dei soci dell’associazione con artisti internazionali, collezionisti, esperti d’arte e di cultura e viene offerta l’opportunità di stabilire contatti informali fra i soci stessi».

Quali opportunità offre l’associazione ai suoi membri per fare rete e per scambiarsi idee con la comunità artistica di Zurigo?

«Oltre a numerosi benefici in termini accesso agevolato alle iniziative del Kunsthaus Zürich, ai soci è riservato un ricco ed entusiasmante programma annuale di anteprime loro dedicate, visite a studi di artisti, collezioni private, musei e istituti di formazione universitaria, nonché viaggi d’arte guidati in tutto il mondo. Inoltre la Vereinigung Kunstfreunde Zürich è un’organizzazione senza scopo di lucro e quindi esente da imposte, il che significa che le quote associative e le altre donazioni sono deducibili dalle tasse.

Oggi, con oltre mille membri, l’associazione è diventata un circolo di amici e mecenati con diversi livelli associativi, con un numero crescente di giovani membri, un gruppo che si sente impegnato a sostenere il Kunsthaus e allo stesso tempo agisce come mediatore dell’arte e della cultura verso il mondo esterno».

Che cosa hanno ottenuto i Zürcher Kunstfreunde per il Kunsthaus di Zurigo nel corso degli anni?

«L’acquisizione di opere in prestito permanente al Kunsthaus non solo ha colmato le lacune della sua collezione, ma l’ha anche arricchita di alcune opere chiave, portando il museo a essere una delle istituzioni più importanti nel panorama museale svizzero. La collezione del Kunsthaus comprende oggi nomi come Francis Bacon, Constantin Brâncuşi, Georg Baselitz, Giorgio de Chirico, Marc Chagall, Piet Mondrian, Sigmar Polke, Franz Gertsch e Georges Braque. A ciò si aggiungono le acquisizioni del gruppo Junge Kunst, che negli anni Settanta e Novanta, pur disponendo di un budget modesto, ha acquistato per il museo opere di Donald Judd, Toni Craigg Tony Cragg, Mario Merz, Edward Ruscha, Martin Kippenberger e Andreas Gursky, grazie al fatto che molti di loro erano per lo più sconosciuti al grande pubblico.

L’associazione Kunstfreunde Zürich possiede oggi circa seicentocinquanta opere, ed è probabilmente una delle più importanti associazioni di sostenitori di un museo in Europa oggi». 

Tra i vostri soci c’è un numero sorprendentemente alto di giovani. Come lo spiega?

«All’interno dell’associazione dei Zürcher Kunstfreunde esiste il Gruppo Arte Giovane, che acquista opere di giovani artisti svizzeri e internazionali con un budget approvato dall’assemblea generale. Ciò porta a promuovere attivamente il dialogo con la scena artistica contemporanea giovanile, che attrae soprattutto i più giovani. Con un programma di eventi pensati esclusivamente per i soci fino ai quarant’anni (che comprende per esempio la visita a un atelier seguita da una cena, viaggi d’arte, conferenze di artisti ecc. programma che i giovani soci stessi contribuiscono a formulare – e con  una quota di iscrizione annuale fortemente scontata, cerchiamo di rendere l’associazione più trendy, di ispirare e coinvolgere i giovani soci e di creare un’identificazione con l’istituzione da sostenere».

Tra i membri, però, ci sono anche esponenti delle famiglie più in vista di Zurigo. Che influenza ha questo aspetto sulla vita dell’organizzazione?

«La maggior parte dei fondatori dell’associazione Kunstfreunde Zürich, nel 1917, apparteneva a famiglie storicamente parte della città. Questo ha dato un’impronta che si è mantenuta fino ad oggi: tradizione e responsabilità, unite alla volontà di impegnarsi finanziariamente. Anche i comitati dei Kunstfreunde sono composti da amanti della cultura e dell’arte attivi in campo filantropico, il che rende immediatamente tangibile il carattere autentico dell’associazione».

Ricorda un episodio particolare di generosità negli ultimi anni; qualcosa che non si aspettava e che le ha lasciato un’impressione duratura?

«Il termine generosità viene spesso usato a proposito di mecenati e filantropi, e meno per chi è coinvolto nell’opera stessa: in occasione dell’inaugurazione della mostra dell’artista svizzero Raphael Hefti, “Message Not Sent”, allestita al Kunsthaus Zürich alla fine dello scorso anno, era previsto un semplice aperitivo per i visitatori. Del tutto inaspettatamente, però quella sera l’artista si è presentato aal museo con ben duemila ostriche, che aveva lui stesso acquistato e fatto arrivare dalla Francia e con innumerevoli bottiglie del miglior Crémant, cosicché il semplice aperitivo si è trasformato in una meravigliosa festa, che rimarrà indimenticabile per gli ospiti e i visitatori della mostra come un gesto di generosità dell’artista».

Che cosa significa generosità in relazione al suo ruolo di Presidente dei Zürcher Kunstfreunde?

«Penso di poter parlare di generosità in particolare quando penso al tempo che dedico all’attività. Questo riguarda non solo l’organizzazione in sé, ma anche l’elaborazione di idee per il programma, e la creazione di reti di contatti che consentano ai nostri membri di partecipare a eventi culturali interessanti».