Molti ancora lo chiamano dialetto, ma quella lombarda è una vera e propria lingua, riconosciuta e protetta, per l’importanza culturale che riveste in una estesa regione comprendente anche il nostro Canton Ticino, a testimonianza che le lingue creano unione e condivisione.
Mio padre mi parlava spesso in ticinese e per me questo è sempre stato un privilegio, così come provo piacere nel comunicare in questa ricchissima lingua con le persone che hanno la mia stessa radice.
In un’epoca in cui le origini e la cultura sembrano non contare più niente, dobbiamo reagire per difendere noi stessi, evitando così il rischio di non riconoscerci più, di non esserci più.
Parlare la nostra lingua locale è quindi una dimostrazione di elevata cultura, non di volgarità. Tra l’altro nella parlata quotidiana, il “nostro dialetto”, che dialetto non è, prevede una vastissima gamma di parole e espressioni che sarebbero impossibili da esprimere in un’altra lingua.
Dante ha scritto la Divina Commedia in lingua volgare fiorentina e così tanti altri poeti e scrittori hanno lasciato opere scritte nella lingua che meglio permetteva loro di esprimersi ed essere compresi.
Io mi considero un cittadino del mondo e, non contando il dialetto, parlo cinque lingue: il fatto di parlare il dialetto non ha mai avuto per me il significato si una preclusione. Anzi, mi è capitato spesso di trovare all’estero milanesi e lombardi che sono stati ben felici di sentire un’espressione che sapeva di casa.
Per non parlare della quantità di barzellette che ho raccontato in ogni tipo di salotto: espresse in ticinese hanno un sapore molto più comico e divertente, per il colore particolare delle parole che lo compongono.
I nostri compatrioti svizzero tedeschi, sono andati ben oltre. Facendo dello schwitzerdütsch la sola lingua del proprio comparto linguistico.
Come sempre non bisogna essere fondamentalisti nel sostenere le proprie teorie, ma un piccolo sforzo lo possiamo fare tutti per evitare il tramonto di una lingua storica e preziosa.