L’azienda Pagani de Marchi è un mirabile esempio di come una passione di famiglia possa nel tempo trasformarsi in un’attività imprenditoriale di successo. Possiamo riassumere brevemente quali sono state le principali tappe di questa evoluzione?

«Tutto è nato dal desiderio di sfruttare il terreno annesso alla nostra casa di vacanza, che fino a quel momento era coltivato a grano. Mio padre vedeva quest’iniziativa come una sua pensione, poi, dopo il suo prematuro decesso, mia madre ha ripreso in mano il progetto terminando la costruzione della cantina e gestendo lo sviluppo dell’attività. Dopo quasi vent’anni di grande impegno e passione, ha deciso di passare a me la guida, proposta che ho accettato con grande piacere.

Per noi è motivo di fierezza e rende la nostra azienda un unicum a livello nazionale il fatto di avere sul nostro terreno una piccola necropoli etrusca. Le ricostruzioni storiche hanno permesso di modificare la datazione della presenza etrusca nella zona e fanno della nostra necropoli un sito estremamente importante. La particolarità è data anche dal fatto che vi è stato sepolto un Principe e guerriero etrusco, dato riconoscibile dai reperti inequivocabili rinvenuti. Ma ancora più speciale per un’azienda vinicola è che nel corredo funebre di questo Principe vi era anche un set completo per la degustazione del vino. Quest’anno abbiamo quindi deciso di iniziare la procedura per la riapertura della tomba del Principe con lo scopo di organizzare poi eventi enologici nella zona della necropoli. Speriamo di riuscire nel nostro intento forse già per l’estate prossima, ma la procedura è tutt’altro che semplice».

Come è organizzata l’Azienda Agricola Pagani De Marchi, sia per quanto riguarda la sua gestione che per quanto attiene la sua estensione e la ripartizione viticola?

«Ho introdotto un lavoro di team, in parte a distanza. Abbiamo infatti la grande fortuna di avere il nostro agronomo, Stefano Moscatelli, che ci segue dall’inizio di quest’avventura, quindi da più da venticinque anni. L’amico Michele Satta, noto produttore bolgherese, ce lo ha presentato appena uscito dall’università ed ormai è lui il responsabile della gestione della cantina, a partire dalla terra, che lavora personalmente, fino alla cura del vino in cantina. Il nostro enologo, Attilio Pagli, segue lo sviluppo del vino per poi decidere insieme a Stefano le tempistiche e la composizione degli assemblaggi. Da un punto di vista commerciale, Ilaria Simoni, anche lei con noi da diversi anni, si occupa di gestire il contatto con i clienti sia nazionali sia internazionali. Sempre Ilaria gestisce la quasi totalità delle visite in cantina, che rappresentano una parte molto importante del giornaliero, in particolare in estate. Tutto questo viene coordinato con me sia a distanza sia in presenza a Casale Marittimo, cosa che mi permette di unire la passione per la Cantina con la gioia della vita toscana, più vacanziera…».

Anche la vostra produzione di vino è andata crescendo nel tempo. Quali sono le tipologie di vino che attualmente producete e in quali quantità?

«Inizialmente la produzione voleva concentrarsi solamente su vini in purezza, focalizzandoci sul Merlot, Sangiovese e Cabernet Sauvignon. Col tempo la strategia si è adeguata ai tempi ed anche ai cambiamenti climatici. In effetti già all’epoca della famosa torrida estate del 2003, abbiamo introdotto un vino, il Montaleo, assemblato con nostri tre vitigni inizialmente senza passaggio in barrique, in quanto la qualità dei vini in purezza non era al livello che volevamo. Poi è arrivato un altro assemblaggio con passaggio in barrique “usate”, l’Olmata. Ed infine, l’aumento costante delle temperature ci ha portato a sacrificare la produzione del Sangiovese in purezza per sostituirlo con un altro assemblaggio di cui parlerò più avanti. A oggi produciamo ca. 35mila bottiglie con l’idea di aumentare la produzione nei prossimi anni tramite l’acquisizione di nuova terra».

La passione induce ad innovare e a sperimentare nuovi uvaggi. Quali sono le ultime novità da voi presentate o in corso di affinamento?

«Credo molto nelle idee innovative, come ho sempre fatto anche nelle mie attività in Ticino. In cantina ho innanzitutto cambiato e modernizzato le etichette, mantenendo il carattere etrusco delle vecchie etichette, ma apportando freschezza grafica. Nella produzione invece, abbiamo introdotto il nuovo Principe Guerriero, composto da Merlot e Cabernet Sauvignon ma con la grande particolarità di venir affinato in anfore di terracotta. Esperimento molto riuscito, per un vino che più passa il tempo più si ammorbidisce per diventare una “chicca”. Da quest’anno ho deciso anche di introdurre una piccola produzione del nostro Blumea, vermentino in purezza, con passaggio anch’esso in barrique. Vedremo…».

I vini possono essere consegnati anche in Ticino. Per informazioni e acquisti visitate il sito.